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PER IL MIO BENE (Mimmo Verdesca)
Un viaggio interiore

Giovanna è una donna forte e autonoma. Guida saldamente l’azienda ereditata dal padre, dedita alla lavorazione della pietra naturale, e cresce da sola una figlia adolescente, Alida. Un giorno, però, scopre di essere gravemente malata e di aver urgentemente bisogno di un trapianto di fegato. Cercando un donatore compatibile all’interno della propria famiglia, si rivolge alla madre Lilia, sentendosi confessare, con grande sorpresa, di essere stata adottata. Una verità, mai rivelata fino a quel momento, che spinge Giovanna a ricercare la vera madre biologica. Ma l’anziana donna, contattata da un avvocato, non è per nulla intenzionata ad incontrarla…

Al primo lungometraggio di finzione dopo alcuni apprezzati documentari, il quarantacinquenne Mimmo Verdesca si muove, con Per il mio bene, lungo i confini della verità. Quella verità che, nel suo disvelamento e nella sua accettazione, per quanto faticosa e sofferta, arriva a generare, sostenere e rafforzare l’identità individuale. Non è un caso che, nel film, il percorso esistenziale di Giovanna, cioè la ricerca delle proprie origini, scavalchi le rigide procedure legali nelle quali lei si è imbattuta e superi la ricerca stessa del donatore per il trapianto di cui ha assoluta necessità: l’aggiramento delle norme giuridiche, il distacco dalla conduzione della propria azienda, l’anonimato che copre la vera ragione del suo avvicinamento alla madre naturale sono le tappe di un viaggio interiore, la progressiva presa di coscienza di una nuova, seconda ‘nascita’.

Questo punto d’arrivo, in Per il mio bene, coincide con una liberatoria volontà di perdono, nutrita non solo di attese strategiche e reazioni trattenute di fronte a una ruvida ostilità, ma, soprattutto, di comprensione umana e di fiducia conquistata con pazienza e affetto. La ricucitura del presente con il passato è scandita, sul piano narrativo, da una graduale, convincente immersione nell’intimità (agevolata dalle limpide prestazioni delle protagoniste, Barbora Bobulova e Marie-Christine Barrault) e, sul piano estetico, da una regia quasi ‘invisibile’ che rischia, almeno all’inizio, la neutralità di stampo televisivo, ma poi si emancipa da una confezione piattamente descrittiva per ‘alzarsi’ di tono insieme all’evoluzione delle vicende, che incrociano con marcata sensibilità genitorialità e figliolanza, le responsabilità degli adulti e quelle di bambini divenuti grandi a loro volta. Un coinvolgente gioco di specchi, tutto al femminile, capace, tra sensi di colpa e rimorsi, di trasformare l’estraneità in accoglienza. E di racchiudere le diverse età della vita in un unico afflato, struggente e riflessivo.

Regia: Mimmo Verdesca

Interpreti: Barbora Bobulova, Marie-Christine Barrault, Stefania Sandrelli, Sara Ciocca, Leo Gullotta

Nazionalità: Italia

Durata:100’

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.