Il 21 febbraio 2025 alle ore 21:00 diverse Sale della Comunità proietteranno in simultanea il film Cutro Calabria Italia. Un evento della rassegna Meta-Cinema promossa da ACEC insieme a Fondazione Migrantes, Caritas italiana e l’Ufficio nazionale per le Comunicazioni Sociali della CEI.
Alla proiezione seguirà un approfondimento in diretta con il regista Mimmo Calopresti in dialogo con il sindaco di Cutro Antonio Ceraso e monsignor Dario Edoardo Viganò presidente della Fondazione MAC.
Abbiamo raggiunto il regista Mimmo Calopresti che ci ha raccontato la lavorazione di Cutro Calabria Italia, le emozioni che l’hanno accompagnato in questo viaggio, l’anno successivo alla strage di Cutro avvenuta nel febbraio del 2023 e la sua visione positiva di un mondo e di un’Italia grazie alle brave persone nascoste dai media e dalla memoria.
G: Parliamoci chiaro, quelle del suo film non immagini semplici da vedere. Anzi, si vorrebbe poterle dimenticare come se non fossero mai accadute e invece sappiamo di dover fare uno sforzo perché i fatti di Cutro continuino a chiamarci all’azione e all’indignazione…
M: Certamente, sono durissime. È naturale volerle evitare. Per questo per girare il mio documentario ho seguito proprio il proposito di raccontare per non dimenticare quello che è successo. Ma soprattutto volevo ricordare chi c’era su quella barca. Come dicono le persone che ho intervistato, su quella barca c’era il mondo. Sono persone migranti che escono dallo stereotipo e per questo ci colpiscono. Su quella barca è morta una campionessa cricket, una studentessa di 19 anni che viaggiava per poter completare la sua formazione, una giornalista… Mi sono così concentrato nel raccontare le storie inaspettate di queste persone. Mi interessavano le loro singolarità.
Dove nasce lo stimolo a girare Cutro Calabria Italia?
Tutto è iniziato quando ho visto quello che è successo a quella popolazione poco dopo la tragedia. Mi è sembrato che i calabresi si siano resi conto immediatamente che era successa una cosa grave e da quel momento c’è stata una mobilitazione generale in positivo. Ogni razzismo è stato messo da parte, le persone si sono trovate ad aiutare altre persone. La tragedia ha scosso e cambiato in meglio quella comunità.
Nel documentario si raccontano anche momenti di festa e di gioia, l’arrivo sulle coste italiane è uno di questi. La sua regia ha uno sguardo tutto sommato positivo. Che Italia vede? Abbiamo ancora questa generosità?
Credo in un’Italia molto più solidale di quella che viene rappresentata di solito dai media. Una che non va subito contro le persone che arrivano sulle nostre coste. Volevo dare spazio a un’Italia propensa alla solidarietà, ma meno raccontata. L’Italia della Croce rossa, dei centri di accoglienza, di chi si spende per l’altro. Anche quando vengono mostrate dai media sono spesso numeri, statistiche…
Come ha visto la Cutro di oggi?
Ho visto una città segnata da quell’evento tragico che ha però cambiato le coscienze in meglio. È piena di persone che vogliono continuare a dare una mano. Con me si è creata una bella amicizia. Mi hanno invitato a un incontro su Pasolini, un regista a me caro. Ho inserito alcuni fotogrammi de Il vangelo secondo Matteo nel mio film perché è stato girato proprio lì.
A tal proposito, Cutro Calabria Italia è un documentario ricchissimo di suggestioni spirituali, non solo nel film di Pasolini mostrato, ma anche piena di uomini di chiesa e c’è poi il simbolo potentissimo della croce fatta con i legni delle barche. Come mai quest’attenzione?
Perché è quello che c’era a Cutro. La chiesa oggi è una delle poche vere strutture che si occupano di migranti con una visione e una capillarità che altri non hanno. Quella croce è diventata un simbolo importante della tragedia. Mi ricorda il sacrificio di Cristo, mi ha ricordato Il vangelo secondo Matteo di Pasolini, come detto, ma anche i tragici esodi del passato.
Ma il cinema, di fronte a tutto questo, non le sembra arrivare sempre tardi? Che ruolo hanno le immagini del passato per evitare le tragedie future?
Le immagini sono le cose che restano. Un pianto, una battuta, un paesaggio, i resti di una barca sono immagini forti che cambiano il modo di pensare. I film non cambieranno il mondo, ma le immagini permangono e permettono di modificare la propria idea su ciò che si vede e si sente. Soprattutto però le storie rompono le masse informi e fanno emergere le vite dei singoli individui rendendole persone in cui rivedersi.
Nel film lei chiede: di chi è la colpa di tutto questo? Rivolgo a lei la stessa domanda.
La colpa è di tutti noi, siamo indifferenti rispetto a quello che succede. È una colpa collettiva di cui assumersi la responsabilità. Una colpa che ci manda un messaggio positivo: “È possibile fare le cose per gli altri. Possiamo iniziare a farlo ora”.