Questo articolo fa parte di una scheda a corredo del webinar per soli esercenti sui film di Venezia 82 a cura di Arianna Prevedello e Gabriele Lingiardi. Potete trovare l’articolo in aggiornamento con tutti i film qui.
SINOSSI UFFICIALE
Nel cuore di un giardino botanico in una città universitaria medievale in Germania si erge un maestoso ginkgo biloba. Questo testimone silenzioso ha osservato per oltre un secolo i tranquilli ritmi di trasformazione attraverso tre vite umane. 2020, un neuroscienziato di Hong Kong, esplorando la mente dei neonati, inizia un esperimento inaspettato con il vecchio albero. 1972, una giovane studentessa subisce un profondo cambiamento grazie al semplice atto di osservare e connettersi con un geranio. 1908, la prima donna ammessa all’università scopre, attraverso la lente della fotografia, i sacri schemi dell’universo nascosti nella più umile delle piante. Seguiamo i loro goffi e impacciati tentativi di stabilire dei legami – ognuno profondamente radicato nel proprio presente – mentre vengono trasformati dal potere silenzioso, persistente e misterioso della natura. L’antico ginkgo biloba ci avvicina al senso dell’essere umani: al nostro desiderio di sentirci a casa.
POETICA
Siamo nella mani della regista ungherese Ildikó Enyedi, classe 1955, che i cinéphile ricorderanno per il folgorante Corpo e anima (2017), molto esigente certo, ma già sulla strada che conduce dritta a Silent Friend: lì gli umani e il contrappunto del mondo animale, qui ancora noi e il legame (di memoria e di senso) con il mondo vegetale. Se in Here di Robert Zemeckis il gioco era mostrare come una casa potesse cambiare nel susseguirsi delle epoche e delle vicende delle famiglie che arrivavano ad abitarla mostrando anche il diverso modo con cui ciascuna di queste interagiva con il “contenitore”, qui il (perché si tratta di un protagonista assoluto!) ginkgo biloba rimane fermo nei secoli, apparentemente inerme rispetto alle interazioni con le persone che lo lambiscono. Un amico silenzioso? L’amicizia botanica ha in serbo per gli spettatori commozione, tenerezza, stupore, risate e perfino trepidazione.
LA COSA PIÙ BELLA
Provare. Riprovare. Meditare. Provare. Riprovare. Meditare. Un’elegia della scienza che non si dimentica dell’anima (e delle donne!) e che celebra l’attesa come spazio sacro.
CONNESSIONI
Ironicamente possiamo dire che non si tratta di un film “gender free” eppure che piacerà molto ai giovani e ancor più agli universitari come accaduto proprio alla Mostra del Cinema. Le piante ci vengono presentate, all’interno della narrazione, secondo un binarismo tutto da scoprire. Ai meno esperti in ambito botanico l’opera aprirà anche a tante conoscenze che possono attivare altrettante tipologie di approfondimenti e accostamenti con eventi collaterali alla proiezione.
ALERT
Occhio a questo film! Che poi non dite che non lo sapevate… Potrebbe essere una grande sorpresa al botteghino per la sua capacità di fiutare un pubblico trasversale anche di settori (come l’ambito delle neuroscienze) e di passioni (si pensi alla proliferazioni di pubblicazioni e altri prodotti editoriale in ambito botanico) più spesso poco tirati in ballo dal cinema. È stata senza dubbio la rivelazione più impressionante del concorso veneziano con applausi spontanei lungo l’arco del film. La versione in Vos qui regalerebbe maggiori soddisfazioni. Il film ha una sua chimica interna assai ricercata e sarebbe preferibile lasciarla inalterata. Per chi può ovviamente e per chi si arrischia, noi in ogni caso ve l’abbiamo detto!
