Schede Cinema Filmcronache

À LA RECHERCHE (Giulio Base)
Proust, il cinema e gli anni ‘70

Italia, 1974. Ariane, un tempo celebre attrice francese, incarica Pietro, uno sceneggiatore italiano di B movie, di scrivere nella sua tenuta aristocratica, immersa nella campagna romana, una sceneggiatura tratta da À la Recherche du temps perdu di Marcel Proust. Un testo da sottoporre a Luchino Visconti, intenzionato a portare sullo schermo il romanzo dello scrittore transalpino, però intrappolato in uno stallo dovuto a mancanza di fondi e continui ripensamenti. Per Ariane e Pietro, sconfitti entrambi dalla vita anche se in modi diversi, è l’occasione per riscattarsi. Ma il loro incontro, sullo sfondo un Paese dilaniato da profondi conflitti sociali, si tramuta in uno scontro di caratteri e di visione del mondo…

Proust, ovviamente. Ma, oltre la letteratura, anche il cinema e, soprattutto, la politica. La trattazione della Recherche scritta da Visconti con Suso Cecchi D’Amico, il festival di Cannes e il cinema erotico, Helmut Berger e Aldo Maccione. E ancora Balzac, D’Annunzio, Sartre, il comunismo, la lotta di classe, Libération, Giscard d’Estaing, il Watergate. Tanto (troppo?) nel nuovo film diretto e interpretato (in originale, in un coraggioso francese) da Giulio Base, oltre che scritto insieme a Paolo Fosso da un soggetto di quest’ultimo. Un’operazione non dissimile da quanto operato di recente da François Ozon nella sua personale ‘rilettura’ di Fassbinder in Peter Von Kant, ma contrassegnata da una contestualizzazione d’epoca letteralmente ‘intasata’ dagli echi del passato, ridondante seppure suggestiva. Un “affresco metacinematografico degli anni ’70, ovvero il decennio della dialettica”, come dichiarato dallo stesso attore-regista, dunque stracolmo, nel suo impianto teatrale, di dialoghi incessanti, ora costruiti su precisi rimandi storici, ora ispirati ad una contrapposizione tra i sessi a sua volta ‘figlia’ di una stagione fortemente ideologica.

Lunghi, avvolgenti piani sequenza seguono i due protagonisti all’interno della splendida casa dell’attrice (la Anne Parillaud di Nikita), poi i due vengono osservati fuori, nei giardini della villa, prima di fare ritorno tra le mura domestiche ed essere stretti in primi e primissimi piani. Un flusso visivo e sonoro che, nel restituire in blocchi di sequenze analoghe e cicliche il lavoro, ripetuto e reiterato, della stesura della sceneggiatura alla macchina per scrivere, fa aderire con intelligenza forma e contenuto, linguaggio filmico e testo narrativo. Quando il film, però, dal versante pubblico vira decisamente sul fronte privato, mostrando Ariane respingere le insistenti avances di Pietro, l’intelaiatura stessa su cui è costituito À la Recherche mostra crepe insidiose: mescolando i piani, l’alto e basso, con eccessiva nonchalance, volendosi ricondurre, forse, ad un certo cinema di quegli anni, elitario e allo stesso tempo popolare, poetico e insieme sanguigno, il film di Base tritura senza sosta e con compiaciuta disinvoltura speranze e fallimenti, scompensi e grettezze, asservimenti e manipolazioni, gli ideali di gioventù e le frustrazioni dell’età adulta. Un ‘viale del tramonto’, in versione kammerspiel, dagli infiniti riverberi psicanalitici. Una madeleine in immagini che, sfidando la “cattedrale letteraria dell’Occidente”, non può che tradursi in una sintesi decadente e imperfetta.

Regia: Giulio Base

Interpreti: Anne Parillaud, Giulio Base

Nazionalità: Italia, 2023

Durata: 90’

Scrivi un commento...

Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.