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ANTROPOCENE – L’EPOCA UMANA (Jennifer Baichwal, Edward Burtynsky, Nicholas de Pencier)
La terra distrutta dall'uomo

Fra le varie ere geologiche ne esiste una ancora non ufficializzata ma la cui esistenza è inconfutabile: l’Antropocene, ovvero quella in cui la Terra è sostanzialmente condizionata dall’azione umana. A incoraggiare la divulgazione di questo concetto e promuoverne l’importanza data l’emergenza ambientale in corso, è un gruppo di scienziati internazionali raggruppati nel progetto Anthropocene che da alcuni anni propongono iniziative diversificate per corroborare la tesi e sensibilizzare il mondo a una causa che riguarda tutti e ciascuno. Il documentario Antropocene – L’epoca umana nasce in questo ambito e si pone quale terzo di una trilogia che racchiude Manufactured Landscapes (2006) e Watermark (2013).

Alla base di questo lavoro, che vede collaborare i documentaristi Baichwal e de Pencier con il fotografo Burtynsky, è un viaggio in diversi territori “critici” del pianeta ove l’azione dell’essere umano ha/sta visibilmente condizionato/condizionando l’ambiente in cui si manifesta. Essa può consistere in svariati “interventi” sull’ecosistema pre-esistente che gli autori del film hanno scelto di organizzare in categorie/capitoli: Estrazione, Terraformazione, Tecnofossili, Antroturbazione, Condizioni al contorno, Cambiamenti Climatici, Estinzione. In ciascuno dei segmenti, il viaggio mette in campo luoghi/attività spesso ignote ai più ma dove da tempo si consuma la distruzione del pianeta, diversamente espressa fra devastazione, impoverimento, svuotamento e uccisione. Dalla città mineraria (la più inquinata dal mondo) in Siberia Norilsk alle cave di marmo di Carara, dal deserto di Litio in Cile alla cittadina tedesca Immerath dove operano le scavatrici più grandi del mondo allo scempio compiuto sulle foreste del British Columbia alla selvaggia urbanizzazione di certe capitali (Lagos con i suoi 20 milioni di persone ne offre l’esempio), dalla terrificante discarica keniota di Daridora allo scavo di 57km dentro la montagna (“il più lungo traforo del mondo”) del San Gottardo inaugurato nel 2016, dalle psichedeliche miniere di potassio in Russia alla crescente acqua alta a Venezia, dalle sbiancate barriere coralline australiane alla pratica del safari che ha portato nel tempo l’inevitabile estinzioni di razze animali.

Il catalogo sopra elencato è funzionale a sintetizzare la quantità di materiale assemblato dagli autori a dimostrazione della portata davvero catastrofica di un fenomeno che però, a differenza dei cataclismi naturali, è perfettamente evitabile o quanto meno aggirabile: è sufficiente si imponga la volontà delle comunità internazionali. Accompagnato da una voce narrante (nella versione originale è di Alicia Vikander in quelle doppiata di Alba Rohrwacher), il film si presenta con immagini di altissima qualità e straordinario impatto visivo organizzate in sequenze mai banali. Un racconto immersivo, coinvolgente e illuminante nella sua drammaticità che vale non solo la visione ma anche la divulgazione presso scuole ed ambienti educativi.

Regia: Jennifer Baichwal, Edward Burtynsky, Nicholas de Pencier

Canada, 2018

Durata: 87′

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Sull'autore

Anna Maria Pasetti

Anna Maria Pasetti Milanese, saggista, film programmer e critica cinematografica, collabora con Il Fatto Quotidiano e altre testate. Laureata in lingue con tesi in Semiotica del cinema all’Università Cattolica ha conseguito un MA in Film Studies al Birkbeck College (University of London). Dal 2013 al 2015 ha selezionato per la Settimana Internazionale della Critica di Venezia. Si occupa in particolare di “sguardi al femminile” e di cinema & cultura britannici per cui ha fondato l'associazione culturale Red Shoes. . Ha vinto il Premio Claudio G. Fava come Miglior Critico Cinematografico su quotidiani del 2020 nell’ambito del Festival Adelio Ferrero Cinema e Critica di Alessandria.