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BENVENUTI A MARWEN (Robert Zemeckis)
La fantasia che riporta alla realtà

Marwen è l’immaginaria città belga in miniatura costruita nel giardino di casa da Mark Hogancamp, disegnatore di talento ridotto in fin di vita da un sanguinoso pestaggio e privato dei ricordi. Nel fittizio villaggio Mark mette in scena, fotografandole, le avventure del suo alter ego, il capitano Hogie, intrepido pilota di aerei nella Seconda guerra mondiale, alle prese con perfidi nazisti e aiutato da una squadra di coraggiose donne armate. In quella meticolosa, fantastica second life, tra soldatini e bamboline perfettamente somiglianti alle persone con cui ha a che fare nella vita reale, Mark, grazie al potere dell’immaginazione, trova il proprio rifugio psicologico. Fino a quando l’arrivo di una nuova, premurosa vicina imprime una svolta alla sua esistenza…

Basato su una storia vera, già raccontata in un documentario di Jeff Malmberg, Marwencol (2010), Benvenuti a Marwen riassume tutto il cinema di Robert Zemeckis: dal punto di vista narrativo, torna ad esplorare la marginalità “creativa” di un looser escluso da ogni socialità eppure, suo malgrado, vincente (Forrest Gump) e ripropone la forza di sopravvivenza di un individuo sopraffatto da un mondo insensibile e inaccessibile (Cast Away), aggiungendo alcune evidenti autocitazioni da pellicole precedenti (l’auto volante, come in Ritorno al futuro, l’ambientazione bellica, come in Allied, titolo che compare anche su un furgone per traslochi); sul versante registico, invece, Benvenuti a Marwen prosegue nell’osmotica ibridazione tra realtà e finzione, universo animato e inanimato (Chi ha incastrato Roger Rabbit?), sviluppando ulteriormente le potenzialità della performance capture (Polar Express, La leggenda di Beowulf, A Christmas Carol).

La descrizione delle ossessioni, la messa a fuoco delle ritrosie e il rivelarsi delle paralisi emotive di Mark (interpretato efficacemente da Steve Carell) sono dunque affidate ad un catalogo high tech che sfrutta tutte le proprietà della computer graphic, avvicinando e incrociando amara quotidianità ed eroiche avventure, l’una finalizzata a nutrirsi delle altre e viceversa. Annullando di conseguenza i concetti di “normalità” e “anormalità”, Benvenuti a Marwen punta alla convergenza tra due mondi interiori, tentando di mantenersi sul filo di un precario equilibrio (come l’acrobatico funambolo di The Walk), senza trascurare singolarità ed eccentricità (compreso il feticismo del protagonista per i tacchi a spillo), ma allontanando dagli occhi dello spettatore ogni inquietante e dolorosa “zona d’ombra”, puntando a far emergere il “fanciullino” che è in tutti noi.

Lontano dall’effervescente ingegnosità di un capolavoro come Toy Story, il film di Zemeckis resta come imbrigliato nel continuo parallelismo che adotta, con gli scampoli di vita ideale generati dalle peripezie dei modellini in scala, simil Barbie e Big Jim, a ripercuotersi necessariamente sulla mogia live action dell’ex disegnatore. E con la zuccherosa love story tra Mark e Nicol (la compassionevole vicina di casa) a riempire eccessivamente di miele sia il capitano Hogie che il suo stravagante “burattinaio”.

 

BENVENUTI A MARWEN
Regia: Robert Zemeckis
Nazionalità: Usa, 2018
Durata: 116′
Interpreti: Steve Carell, Leslie Mann, Diane Kruger, Merritt Wever, Janelle Monáe

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.