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EDDINGTON (Ari Aster) – la videorecensione da Cannes 78
Il western ai tempi del COVID

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C’è molta, probabilmente troppa, carne al fuoco in Eddington, il quarto lungometraggio diretto dallo statunitense Ari Aster, sorta di epitome espressiva di un cinema ambizioso quanto incompiuto che affonda la propria enunciazione nei generi forti del cinema made in USA. Affascinante è infatti l’idea di partenza, che intende fare dell’immaginario paese ubicato nel New Mexico che dà il titolo al film il microcosmo dell’intera società americana. Così come apprezzabile è il tentativo di incorniciare la vicenda in una satira sociale che, mescolando il noir paranoico alla Frankenheimer o Pakula con il western postmoderno (con Un dollaro d’onore più del citato Alba di gloria come reference), sembra volersi rifare agli insuperati modelli di Twin Peaks e dell’opera dei fratelli Coen. Aspetti che però vengono sciaguratamente dissipati nello sviluppo drammaturgico, fortemente inficiato da uno script farraginoso quanto autoindulgente, che non solo infarcisce di temi la vicenda senza riuscire ad armonizzarli, ma disperde la forza del concept in situazioni irrisolte e personaggi incompiuti. 

L’azione si svolge alla fine del mese di maggio del 2020, quando gli USA sono alla fine del primo mandato Trump – sorta di spettrale presenza-assenza che aleggia —, alle prese con il COVID, le restrizioni imposte e i primi vagiti di insofferenza, e soprattutto con l’esplosione delle proteste del Black Lives Matter successive alla morte di George Floyd. Un contesto perfetto per l’individuazione dell’origine della follia che attraversa la società americana, dilaniata dall’utilizzo dissennato dei social network, dall’idolatria nelle armi, dalla pedofilia del Potere, dal razzismo e dal complottismo, presenti tanto nella generazione dei padri, quanto in quella dei figli della generazione-Z. Un affresco che con una maggiore accuratezza sarebbe potuto divenire letteralmente esplosivo, come di fatto succede alla vicenda nella seconda parte, ma che purtroppo risulta tedioso e anche un po’ superficiale.  

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Sull'autore

Francesco Crispino

Francesco Crispino è docente di cinema, film-maker e scrittore. Tra le sue opere i documentari Linee d'ombra (2007) e Quadri espansi (2013), il saggio Alle origini di Gomorra (2010) e il romanzo La peggio gioventù (2016).