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ESTRANEI (Andrew Haigh)
The power of love

Adam è uno sceneggiatore quarantenne che vive a Londra in un grande condominio praticamente deserto. Una notte, alla sua porta bussa l’unico altro inquilino dello stabile, Harry: una visita che spezza il torpore di una alienante vita quotidiana e genera una relazione appassionata. Ossessionato dai ricordi del passato, Adam torna nel sobborgo periferico in cui è cresciuto e alla casa in cui viveva da bambino, dove i suoi genitori appaiono ancora vivi, con lo stesso aspetto che avevano nel giorno della loro morte, avvenuta trent’anni prima…

Ispirato al romanzo omonimo del giapponese Taichi Yamada, pubblicato nel 1987, il quinto lungometraggio di Andrew Haigh (autore anche della sceneggiatura) è una sinfonia esistenziale, poetica e malinconica, dalle rifrangenze laceranti, intrisa di sofferenza insanabile, di nostalgia, rimpianto e desiderio, di senso di abbandono e volontà di riconciliazione, con se stessi e con le proprie radici. Attraversato da correnti emotive profonde, Estranei è un film di fantasmi, di assenze che diventano presenze nel ricordo angosciante e nella memoria dilatata di Adam (interpretato da un eccellente Andrew Scott), nel suo assillante bisogno di non disperdere i legami spezzati dall’incidente d’auto in cui morirono i genitori, quand’egli aveva solo 12 anni.

Orfano, single, solitario, isolato dal mondo esterno, il protagonista del nuovo lavoro del regista di Weekend (2011) e 45 anni (2015) porta sulle sue spalle il peso di una perdita insostenibile: il condominio/grattacielo in cui si trova il suo appartamento, dalle finestre sigillate perché “qualcuno ha paura che ci buttiamo giù”, è il riflesso del suo fragile equilibrio mentale. Disabitato, inanimato, quel sinistro palazzo è il simbolo di una claustrofobia sentimentale che paralizza un ragazzo divenuto uomo senza volerlo davvero diventare, prigioniero dei traumi giovanili (il bullismo subìto a scuola per la sua omosessualità) e di una stasi creativa nella quale, alla pagina bianca, fa da contrappunto, in un continuo gioco di specchi, la riproduzione fantasmatica del proprio vissuto.

La minuziosa, avvolgente regia di Haigh e la ricercata fotografia di Jamie D. Ramsey fanno, in stridente contrasto, da detonatore ai tumulti interiori della mancata elaborazione del lutto, rendendo naturale, sullo schermo, una dimensione onirica altrimenti implausibile. E la delicatezza e la sensibilità con cui lo script del regista britannico arriva a far affiorare intimità ferite e chiarimenti tardivi è davvero ammirevole: la doppia, reiterata linea narrativa che incrocia senza sosta presente e passato, realtà e immaginazione, i vivi e i morti ‘tiene’ fino in fondo, culminando in un finale struggente sulle note dei Frankie goes to Hollywood, colonna sonora di un‘epoca, gli anni 80, e di una coscienza ribollente ma vulnerabile. Non solo e non tanto un film su una ‘diversità’ compresa e accettata tra molte amarezze, ma, soprattutto, un film sul dolore straziante che ogni essere umano può arrivare a provare. E sulla tenerezza come unico rimedio all’indifferenza.

Estranei

Regia: Andrew Haigh
Interpreti: Andrew Scott, Paul Mescal, Jamie Bell, Claire Foy
Nazionalità: GB, 2023
Durata 105’

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.