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FRANKENSTEIN (Guillermo Del Toro)
Genitori e figli

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Progetto a lungo inseguito e realizzato a distanza di quasi vent’anni dalla sua scaturigine grazie alla produzione di Netflix, il tredicesimo lungometraggio di Guillermo Del Toro è un’opera magniloquente e vibrante che, pur apparendo a prima vista come l’ennesima traduzione per lo schermo del celeberrimo romanzo di Mary Shelley, diventa l’inevitabile traguardo di un discorso da sempre incentrato sul tema della mostruosità, nella cui dimensione metaforica si riflette il rapporto tra l’Io e l’Altro e il conflitto normalità/diversità. Un personaggio fondativo che, come già nel precedente Pinocchio, per il cineasta messicano (che autore anche della sceneggiatura) diventa l’occasione da un lato di ritornare al plot originale – che infatti è in gran parte recuperato, a partire dal preludio e dell’epilogo ambientati tra i ghiacci artici -; ma dall’altro di piegarlo al proprio mondo poetico, scegliendo di ricostruire l’imponente apparato scenografico senza (o quasi) ausilio di CGI, e inserendo poche quanto decisive trasformazioni nella traiettoria narrativa, come l’inserimento del punto di vista della “creatura” e il personaggio interpretato da Christoph Waltz, un trafficante di armi arricchito dalle guerre ottocentesche che finanzia l’operazione del dottor Frankenstein. Trasformazioni che permettono al regista di Guadalajara di costruire un’opera nella quale i riferimenti cristologici – evidenti fin dalla prima apparizione della creatura – sono sagacemente mescolati alle radici romantiche del testo originario e alle suggestioni del Paradiso perduto di Milton, e il cui senso più profondo risiede nel rapporto tra genitori e figli, ovvero nell’ontologico rapporto di amore&rabbia dei secondi nei confronti dei primi e nel perdono come inevitabile chiave del suo superamento. Un’operazione di riscrittura che produce una rinascita, dell’opera così come del suo senso nell’orizzonte contemporaneo.

 

 

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Sull'autore

Francesco Crispino

Francesco Crispino è docente di cinema, film-maker e scrittore. Tra le sue opere i documentari Linee d'ombra (2007) e Quadri espansi (2013), il saggio Alle origini di Gomorra (2010) e il romanzo La peggio gioventù (2016).

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