“Questo è il giorno in chi siete diventati miei figli”.
Dice così il poliziotto a Zucchina e a Camille quando inizia la vita con lui. Una nuova dimora che cambierà per sempre la loro esistenza. Quei passaggi che meritano di essere scolpiti per farne memoria e perché possano fare compagnia anche alle date che hanno “rotto” le nostre giornate inondandole di una tristezza soffocante.
E’ l’abbandono di cui fanno esperienza i bambini protagonisti del film.
Anche le nostre vite hanno conosciuto l’abbandono.
Da adulti qualcuno ci ha salutato per sempre. Rimanendo in vita o passando per sempre.
La vita è costellata di interruzioni, sospensioni, inceppi più grandi del nostro fiato.
Eppure torniamo ad averlo quando si posa su di noi la frase “questo è il giorno in cui siete diventati miei figli”.
Da adulti nel contesto dell’esperienza della spiritualità questa è una frase che emana il profumo del Padre da cui avremo il bene che l’imperfezione umana non ha saputo concederci.
Si può non essere orfani, nemmeno da adulti.
L’afflato della vita spirituale.
In un film in stop motion.
Tutto in una breve sequenza.