Tutta la letteratura del Novecento che ha parlato di cinema – salvo quella degli scrittori coinvolti nella macchina produttiva – non ha potuto che parlare anche della sala cinematografica come luogo di indiscussa unicità, creatore di illusioni o portatore di epifanie. Quella stridente dialettica tra il dentro e il fuori – dove varcare la soglia di uscita della sala comporta spesso il simultaneo ingresso nelle stanze più recondite di se stessi – è stata ben descritta da alcune poesie di Wisława Szymborska
Uscita dal cinema
Luccicavano i sogni sulla tela bianca.
Due ore di scaglie lunari.
C’era l’amore su una triste melodia,
c’era il ritorno felice dal vagare.
Il mondo dopo una fiaba è bruma.
Con visi e ruoli incolti.
La ragazza le sue pene intona.
e il soldato quelle del partigiano.
Torno a voi, nel mondo vero,
colmo di fato, fitto e fosco –
ragazzo monco sotto il portone,
ragazza dagli occhi vani.
da “Raccolta non pubblicata” (1945)
Film – Anni Sessanta
Quest’uomo adulto. Quest’uomo sulla terra.
Dieci miliardi di cellule nervose. Cinque litri
di sangue per trecento grammi di cuore.
Un tal oggetto si è formato in tre miliardi di anni.
All’inizio è apparso sotto forma di un bimbo.
Poggiava la testolina sulle ginocchia della zia.
Dov’è quel bimbo. Dove quelle ginocchia.
Il bimbo è cresciuto. Ah, non è più la stessa cosa.
Questi specchi crudeli e lisci come l’asfalto.
Ieri ha investito un gatto. Sì, non male come idea.
Il gatto è stato liberato dall’inferno presente.
La ragazza nell’auto gli ha lanciato un’occhiata.
No, non aveva le ginocchia che lui cercava.
In verità meglio giacere sulla sabbia ansando.
Lui e il mondo non hanno nulla in comune.
Si sente come un manico strappato alla secchia,
benché la secchia ignara continui ad andare al pozzo.
È sorprendente. Qualcuno ancora si affatica.
Questa casa è costruita. Questa maniglia lavorata.
Quest’albero innestato. Questo circo farà uno spettacolo.
Questo tutto vuol reggersi, benché fatto di pezzi.
Pesanti e dense come colla sunt lacrimae rerum.
Ma tutto questo sta sullo sfondo e solo a lato.
In lui c’è un’orrenda oscurità e in essa
un bimbo.
Dio dello humour, fa’ di lui qualcosa alla svelta.
Dio dello humour, fanne qualcosa una buona volta.
da “Uno spasso” (1967)
Le precedenti puntate su Pablo Neruda, Leonardo Sciascia (qui e qui) e Giuseppe Pontiggia.