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IL MIO VICINO ADOLF (Leon Prudovsky)
Un trauma mai superato

  1. Adolf Eichmann, tra i maggiori responsabili dello sterminio degli ebrei nella Germania nazista, è stato da poco catturato in Argentina. Polsky, un solitario e scontroso individuo di origine polacca, sopravvissuto all’Olocausto, vive nella remota campagna colombiana trascorrendo le giornate giocando a scacchi e curando i suoi amati cespugli di rose nere. Quando però un misterioso anziano di origine tedesca si trasferisce nella casa accanto alla sua, Polsky sospetta che il nuovo vicino sia nientemeno che Adolf Hitler. Dato che al Consolato israeliano nessuno gli crede, si imbarca in una missione investigativa per trovare le prove. Ma, per farlo, dovrà avvicinarsi a quell’uomo, che tanto lo spaventa, più di quanto egli vorrebbe…

Parte da un trauma mai superato, Il mio vicino Adolf, dall’animo ferito di un uomo che non ha mai fatto pace con se stesso, colpito al cuore dalla perdita dei suoi familiari nei campi di concentramento nazisti e, dunque, animato da un odio mai represso verso i tedeschi. Un vortice di sentimenti foschi che serpeggia sotterraneo in lui ma che la sceneggiatura dell’israeliano Leon Prudovsky (scritta insieme a Dmitry Malinsky), pur restando sempre e comunque dentro al tragico perimetro esperienziale dell’Olocausto, carica di umorismo yiddish, tentando di dar vita ad una parabola morale che, ragionando sul concetto universale di ostilità, esplora la condizione umana percorrendo il sottile confine che separa il dolore dal ridicolo, il realismo dall’assurdo, l’odio dalla comprensione e dalla riconciliazione.

Un compito tutt’altro che facile, quello de Il mio vicino Adolf, che nell’accorciare progressivamente le distanze, psicologiche ed esistenziali, tra i due protagonisti ambisce ad una sintesi ‘necessaria’ e ‘alta’ ma, in realtà, soltanto sfiorata, perché figlia di fragili equilibri narrativi. Il racconto, infatti, pur efficace in alcuni passaggi (come quando Polsky ‘ricompone’ la figura di Hitler partendo dalle informazioni dei libri di storia per poi confrontarle con i comportamenti del suo vicino barbuto, spiandolo dalla finestra, comparandone i tratti fisici, le abitudini quotidiane, le attitudini pittoriche), non riesce tuttavia a condensarsi in un unico sguardo, complessivo e armonico, disperdendosi in situazioni estemporanee, ripetitive e talvolta macchiettistiche. Un risultato modesto, alla resa dei conti, nonostante l’intrigante idea di partenza.

Regia: Leon Prudovsky

Interpreti: David Hayman, Udo Kier, Olivia Silhavy, Kineret Peled

Nazionalità: Israele, Polonia, Colombia, 2022

Durata: 96’

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.