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IL ROBOT SELVAGGIO (Chris Sanders)
L’anima della natura

Un’isola sperduta e inospitale, ricolma di alberi e popolata solo da animali. Un angolo di mondo isolato e incontaminato, simbolo di un ecosistema regolato solo dalle leggi della natura e dall’istinto di sopravvivenza. E’ in questo contesto paesaggistico, cristallino e minaccioso al contempo, che Chris Sanders, già autore di apprezzati film d’animazione come Dragon Trainer e I Croods, colloca il protagonista del nuovo lavoro targato DreamWorks, un automa di ultima generazione finito per sbaglio sull’isola, dopo un naufragio, e attivato incidentalmente dalla fauna locale. L’intrusione in questa sorta di paradiso terrestre di un soggetto inanimato ma superintelligente, progettato per svolgere ogni tipo di funzione richiesta, non certo, però, per accudire una piccola oca orfana, è la scintilla narrativa de Il robot selvaggio, tratto dal primo di tre libri illustrati di Peter Brown. Pervaso da una tenerezza alimentata da una sceneggiatura che, procedendo con un senso del racconto intimista e antispettacolare, pone su ogni personaggio, anche quelli minori, i giusti accenti caratteriali, Il robot selvaggio, pur mettendo al centro della storia il tema della genitorialità, mostra in controluce sottolivelli quanto mai attuali e pregnanti: la ricerca di un’identità, l’accettazione del diverso, l’importanza delle scelte educative, la tutela dell’ambiente. La forza del film, che nella prima parte rievoca con i suoi silenzi le atmosfere stranianti di Wall-E, è non solo nella sua dimensione materna, ma anche nelle grafiche di matrice pittorica e nel suo trattenuto iperrealismo. La gentilezza, sia dei tratti estetici che delle relazioni tra i protagonisti, è l’essenza del film, che possiede tempi comici ben congeniati, ad uso degli spettatori più piccini, e momenti di pausa esistenziale nei quali ad immedesimarsi è invece il pubblico adulto. Il messaggio di fondo è che il progresso tecnologico deve necessariamente convivere con la salvaguardia della natura. Quella natura che, come evidenzia il film di Sanders, è generativa di un’anima, di una sensibilità capace di infiltrarsi anche nei circuiti elettronici installati in un involucro metallico. In tempi di intelligenza artificiale e di sviluppo vorticoso delle reti neurali sintetiche, una riflessione in netta controtendenza.

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.