Tereza ha 77 anni e ha sempre vissuto in una piccola città industrializzata del Brasile, dove ancora lavora in un’azienda alimentare che macella e confeziona carne di alligatore. Un giorno riceve un ordine ufficiale dal governo che le impone di trasferirsi in una colonia residenziale per anziani. La colonia è un’area isolata, nella quale l’intera terza età del Paese viene invitata a “godersi” gli ultimi anni di vita liberando le generazioni più giovani dal loro accudimento e favorendo, così, produttività e crescita. Tereza, però, si rifiuta di accettare questo destino imposto e decide di fuggire per intraprendere un viaggio attraverso il Rio delle Amazzoni e i suoi affluenti…
Vincitore del Gran premio della giuria e del Premio della giuria ecumenica all’ultima Berlinale, il nuovo lungometraggio di Gabriel Mascaro (già autore del precedente Divino amor) è un viaggio interiore alla riscoperta di sé, ma anche una ricognizione distopica su un futuro non precisato e cupo, in cui la ‘riorganizzazione’ della società e il suo ringiovanimento passano attraverso provvedimenti autoritari. Ed è, soprattutto, un vigoroso, vitalissimo inno alla resilienza e alla libertà contro ogni tentativo di controllo ‘dall’alto’ delle masse e ogni forma di oppressione e privazione dei diritti civili.
Se le trame distopiche appaiono qui meno marcate rispetto al film del 2019, per quanto costituiscano comunque il substrato del racconto, è la focalizzazione sull’anziana Tereza (sorretta dalla luminosa interpretazione di Denise Weinberg) a fare da architrave a Il sentiero azzurro: sulla sua figura, autonoma e indipendente, sulla sua composta ma tenace ribellione al dispotismo di Stato poggia l’istanza umanista e allo stesso tempo la matrice politica del film. “Da quando invecchiare è diventato un onore?”, dice a chi le consegna una medaglia come forma di ringraziamento, da parte del governo, per aver “servito” il Paese in tutti gli anni di lavoro e di dedizione alla propria figlia. La risposta a quel tributo di facciata, che intende solo favorire il confinamento degli anziani nella loro nuova destinazione, dalla quale nessuno ha mai fatto ritorno, è tutta nel desiderio di Tereza di salire su un aereo e provare per la prima volta l’ebbrezza del volo. La via di fuga, però, non sarà nei cieli, bensì sulle acque del Rio delle Amazzoni. E nell’itinerario clandestino della donna, dove all’osservazione oggettiva della realtà si affianca una dimensione soggettiva, parallela e sensoriale, quelle acque appaiono come purificatrici di un’anima in cerca di un rifugio.
il suggestivo contesto naturalistico che esalta molte sequenze de Il sentiero azzurro non risulta mai strumentale e speculativo, rivelandosi, al contrario, espressione rigogliosa di una ‘geografia’ umana che comprende anche gli altri personaggi incontrati da Tereza, un misterioso e affascinante barcaiolo, un inaffidabile pilota di ultraleggeri, un’imbonitrice di stampo religioso, anche lei al timone di un’imbarcazione: sono le tappe ‘incarnate’ di un tragitto esistenziale che conduce ad una nuova consapevolezza, sollecitata, come detto, anche da elementi magici e allucinogeni, come una chiocciola grazie alla quale, se inalata nelle pupille la sua bava azzurra, poter intravvedere il futuro. “Il male ha il potere di confondere la vista”, dice Tereza al barcaiolo che la sta conducendo a Itacoatioca riferendosi ai cumuli di pneumatici addossati su un lato della costa fluviale. Ciò che sta guardando “sembra quasi bello”. Il fascino de Il sentiero azzurro risiede proprio su questa ambivalenza di sguardo, che la regia di Mascaro traduce sullo schermo in una sapiente, dinamica alternanza tra primi piani e campi lunghi. Un’attenzione meticolosa, riservata sia ai dettagli che ai panorami, capace di trattenere e far sbocciare una primigenia, stupefacente meraviglia.
Regia: Gabriel Mascaro
Interpreti: Denise Weinberg, Rodrigo Santoro, Miriam Socarras, Adanilo Reis
Nazionalità: Brasile, 2025
Durata:85’
