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IL TESTIMONE INVISIBILE (Stefano Mordini)
Un rompicapo dalle tante, possibili verità

Adriano Doria, giovane imprenditore di successo, si risveglia in una camera d’albergo chiusa dall’interno accanto al corpo senza vita della sua amante, la fotografa Laura. Viene accusato di omicidio, ma si dichiara innocente. Per tutelarsi incarica la penalista Virginia Ferrara, famosa per non aver mai perso una causa. L’emergere di un testimone chiave e l’imminente interrogatorio che potrebbe definitivamente condannarlo costringono Adriano a preparare in sole tre ore la strategia della difesa con il suo tenace avvocato…

Meticoloso remake del film spagnolo Contratiempo, collocabile in quell’area del “pensiero laterale” criminal-cinematografico che va da I soliti sospetti a La ragazza nella nebbia (a cui lo avvicinano le suggestive ambientazioni trentine), Il testimone invisibile propone ai propri protagonisti e, di conseguenza, allo spettatore, un avvincente rompicapo, rielaborando di continuo, sul filo di una dialettica serrata e di un incessante ribaltamento procedurale, le tante, possibili verità di un assassinio in alta quota. Thriller avvolgente, attento a quei “dettagli” che, come ricorda con insistenza al suo assistito l’illustre legale, costituiscono il senso ultimo della disputa giudiziaria e la chiave di risoluzione del mistero, il nuovo lungometraggio dei regista di Acciaio e Pericle il nero è un labirinto di ritrosie e menzogne, un esercizio investigativo di indubbia eleganza stilistica, a tutti gli effetti “gemello” della pellicola di Oriol Paulo (persino nel poster ufficiale, praticamente identico), girata appena lo scorso anno.

A sorreggere l’intero impianto del film di Mordini, che più dipana il filo delle vicende, riprendendole e rielaborandole a seconda dei punti di vista, più (felicemente) si ingarbuglia, è l’impaginazione visiva della dimensione affabulatoria. Ma dove Il testimone invisibile segna il passo è invece nella differenza di “peso specifico” tra gli interpreti: alla recitazione di limpida matrice teatrale di Maria Paiato (nei panni dell’impetuosa penalista), persin troppo “scandita” e sentenziosa, si contrappone l’anonima remissività attoriale di Riccardo Scamarcio e, soprattutto, l’atonicità di Miriam Leone (la coppia di amanti), in una sottrazione emozionale che, sebbene intenzionale e legittimata dalla sceneggiatura (scritta da Mordini insieme a Massimiliano Catoni), irrigidisce il racconto privandolo di quelle sottigliezze caratteriali che avrebbero giovato al film. Tra questi due estremi si situa la prova d’attore di Fabrizio Bentivoglio, efficace senza enfasi drammaturgiche. Un giusto equilibrio, il suo, affinché la suspence, ricercata e rilanciata per tutto il film, lasci sullo sfondo inverosimiglianze e compiaciute ambiguità.

Regia: Stefano Mordini

Nazionalità: Italia, 2018

Durata: 102′

Interpreti: Riccardo Scamarcio, Miriam Leone, Fabrizio Bentivoglio, Maria Paiato

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.