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KING ARTHUR – IL POTERE DELLA SPADA (Guy Ritchie)
Una versione irriverente di un classico.

KING ARTHUR

Prima di essere assassinato dal malvagio fratello Vortigern, il legittimo re d’Inghilterra riesce a mettere in salvo il giovane figlio ed erede ma anche a salvaguardare Excalibur, la magica spada ricevuta in dono dal mago Merlino per fronteggiare le potenze del Male. Arthur così cresce nei sobborghi di Londinium senza conoscere il proprio lignaggio, ma quando si trova ad affrontare la prova dell’estrazione della spada dalla roccia, finalmente capisce qual è il ruolo che il destino gli ha riservato.

Se è vero che innumerevoli sono le versioni di una delle leggende più saccheggiate della Storia, va tuttavia precisato che poche sono quelle che vantano così tanti elementi di originalità come questa nuova firmata dal regista di Sherlock Holmes. I più macroscopici sono sicuramente l’origine del leggendario Artù e l’allocazione di Excalibur, che è anche una delle trovate visivo-concettuali più seducenti (soprattutto in chiave psicanalitica) di un film che naviga costantemente tra l’Alto e il Basso – sia in termini di riferimenti culturali, sia nelle soluzioni narrative e stilistiche utilizzate.

King Arthur – il potere della spada è infatti un’operazione in chiave postmoderna i cui esiti sono altalenanti. Non tanto perché riesce a far dialogare solo in parte materiali differenti (La morte di Artù di sir Thomas Malory con l’immaginario fantasy ad esempio), ma soprattutto perché il rutilante incedere della narrazione rischia di disperdere le pur numerose buone intuizioni proposte dal testo filmico. Tra queste vale la pena citare la fotografia dark di John Mathieson e il lavoro sulla scenografia di Gemma Jackson, capace letteralmente di ricreare mondi e, al tempo stesso, investirli di senso – come ad esempio succede per l’antica Londinium, emblematico luogo di passaggio in cui convivono le rovine dell’antica Roma con le architetture dell’Alto Medioevo. Convince meno invece sia l’allestimento del cast (su cui comunque spicca l’interpretazione di Jude Law), sia il montaggio, spinto più alla continua ricerca dell’effetto (in un trionfo di ralenti e accelerazioni, che di fatto sono il marchio stilistico di Ritchie) piuttosto che alla costruzione della climax.

 

KING ARTHUR
Regia: Guy Ritchie
Con: Charlie Unnam (Artù), Astrid Bergès-Frisbey (la maga), Jude Law (Vortigern)
USA/GB/AUSTRALIA 2017
Durata: 126’

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Sull'autore

Francesco Crispino

Francesco Crispino è docente di cinema, film-maker e scrittore. Tra le sue opere i documentari Linee d'ombra (2007) e Quadri espansi (2013), il saggio Alle origini di Gomorra (2010) e il romanzo La peggio gioventù (2016).