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LA RAGAZZA DEI TULIPANI (Justin Chadwick)
L'intrecciarsi di tre storie d'amore nell'Olanda del XVII secolo

La prima bolla speculativa della storia, le convenzioni di un secolo spesso ancora negletto, tre storie d’amore pericolosamente intrecciate. C’è tutto questo e molto altro ancora ne La ragazza dei tulipani, film in costume che sa coniugare con equilibrio le vicende amorose dei protagonisti e un interessante spaccato di storia europea. Le assonanze con un’altra ragazza, quella “con l’orecchino di perla” sono fin troppo evidenti, ma alla fine non pregiudicano l’originalità della storia e la sua resa cinematografica.

Amsterdam, metà del XVII secolo. Una vera febbre si è impadronita della popolazione: nobili, mercanti, semplici popolani e perfino le monache di un austero convento di clausura investono tutto quanto possiedono e a volte vere somme da capogiro nella compravendita dei bulbi dei tulipani. Il miraggio di facili guadagni non tocca, tuttavia, il saggio mercante di spezie Cornelis Sandvoort che preferisce continuare a dedicarsi alla noce moscata e ad assicurare alla sua casata un degno discendente. Rimasto vedovo della prima moglie, Cornelis sposa Sophia, ragazza orfana e di buoni sentimenti che però, pur tra mille scrupoli e turbamenti religiosi (anche questo è di certo un elemento che rende il film interessante), si invaghisce e cade tra le braccia del giovane pittore Jan Van Loos. La passione amorosa tra Sophia e Jan è tale da portarli entrambi ad una serie di pericolosi azzardi, fin sull’orlo del baratro esistenziale, in un finale dal ritmo crescente e ricco di colpi di scena.

La vicenda è raccontata dal punto di vista di un narratore interno, quello di Maria, la giovane servitrice di Sophia. La scelta rientra nella tendenza oggi diffusa di raccontare la storia (e le storie) dal basso, non cioè dal punto di vista dei ricchi e dei potenti, quanto piuttosto da quello della gente più umile e semplice: dalla cucina insomma, piuttosto che dalla sala da pranzo. Certamente gioca a favore della verosimiglianza storica di questa scelta il fatto che l’Olanda del XVII secolo fosse una repubblica e dunque una realtà più aperta socialmente e culturalmente rispetto al resto d’Europa, in cui anche una semplice domestica poteva aspirare a mutare in modo significativo la propria condizione sociale, magari grazie ad un pregiato e raro bulbo di tulipano striato.

Il tulipano diviene alla fine dunque metafora della vita e in particolare dell’amore umano: bello e fragile, affascinante e caduco, prezioso eppure in realtà impagabile. Qual è il prezzo della bellezza? Quale quello della passione? Il simbolo è appena abbozzato. Allo spettatore il compito di renderlo più evidente nel raffronto con la propria vita e il proprio universo valoriale. Certamente un film da cineforum, con qualche attenzione ai più piccoli vista la presenza di numerose scene di nudo (mai peraltro volgari).

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Sull'autore

Alessio Graziani

Don Alessio Graziani, sacerdote della diocesi di Vicenza dal 2004, si è laureato in Scienze della Comunicazione all'Università di Verona. Giornalista pubblicista, è direttore dell'Ufficio diocesano per le Comunicazioni Sociali e di Radio Oreb in Blu. Dal 2012 è presidente Acec Triveneta.