In profonda crisi per il recente divorzio, alcolista e licenziata dal lavoro, Rachel osserva ogni giorno, dal treno che la porta senza una ragione a New York, la coppia apparentemente perfetta che vive lungo la linea ferroviaria in una casa adiacente a quella in cui la donna risiedeva in precedenza, trasformando quelle immagini in una vera e propria ossessione. Fino a quando, una mattina, scorge dal finestrino una scena che la turba, ritrovandosi poi coinvolta nel misterioso caso di sparizione della giovane osservata sulla sua terrazza di casa dalla carrozza del treno…
La partita narrativa de La ragazza del treno si gioca tutta nella mente annebbiata dall’alcol di Rachel (interpretata da Emily Blunt), offesa nella sua intimità da una maternità mai arrivata e lacerata dalla separazione coniugale. Il film di Tate Taylor, tratto dall’omonimo libro di successo di Paula Hawkins, adotta di conseguenza uno spartito altalenante, modulato sulla scomposizione del punto di vista del racconto, affidato a tre donne (oltre a Rachel, la nuova compagna dell’ex marito e la sensuale tata della loro bimba), e su una scansione temporale che sposta di continuo l’asse cronologico, avanti e indietro, senza una precisa motivazione.
La ricostruzione del quadro psicologico ed esistenziale della protagonista, in effetti, procede di strappo in strappo, accumulando problematiche gravose (il desiderio infranto di genitorialità, la ricucitura negata delle ferite affettive, il recupero di una dimensione sociale accettabile) e disponendole sul tappeto del thriller. Ma la messa in campo dei dispositivi della detection avviene con una disinvoltura davvero eccessiva, che arriva a superare sullo schermo ogni inverosimiglianza mostrando a più riprese un’imbarazzante approssimazione recitativa e una disarmante semplificazione relazionale tra i vari personaggi.
Intriso di una drammaticità artificiale e di un voyeurismo ininfluente, La ragazza del treno si colloca dunque tra il cinema visionario di Lynch, i ghirigori mnemonici di Memento e le ambiguità interpretative di Gone girl. Però non regge a nessun confronto per evidenti limiti di sceneggiatura.
Regia: Tate Taylor
Nazionalità: Usa
Durata: 112′
Interpreti: Emily Blunt, Haley Bennett, Rebecca Ferguson, Luke Evans e Justin Theroux