Una compagnia di attori giunge naufragando sull’Asinara, isola formato carcere da cui cercano perennemente la fuga alcuni camorristi. Su ordine del direttore carcerario gli ultimi arrivati devono allestire uno spettacolo teatrale dove, naturalmente, le parti si mescolano così come i destini, in un gioco di intrighi, segreti e bugie.
Traslocando in Sardegna il virtuoso incontro fra La Tempesta di William Shakespeare e la trasposizione partenopea che ne fece Eduardo De Filippo, il cagliaritano Gianfranco Cabiddu compie un prodigioso nonché triplice salto mortale, uscendone vincitore. Ironicamente, il bravo regista sardo sembra con questo film adottare il motto del grande Eduardo quando asseriva che fra gli scopi dell’esistenza uno dei principali era quello di “complicarsi la vita”: la sua impresa, almeno sulla carta, suonava infatti ambiziosa ed estremamente rischiosa in qualunque direzione “avesse calcato” la mano fra scrittura e regia. Ciò che invece riesce a confezionare è un’opera che brilla di essenzialità barocca nella migliore delle accezioni, lieve e profonda proprio come predicava e praticava il Maestro di Napoli, applicata all’acume originario e irripetibile del Bardo. Ad aiutarlo sono stati gli anni di collaborazione con lo stesso Eduardo ma anche la consapevolezza di una location straordinaria nel suo essere dolente, intatta e bellissima. Tutto questo ha permesso a Cabiddu di partorire una creatura nuova, quasi totalmente “altra” dalla pur pregiata materia di partenza, che mette in campo riflessioni estetiche e tematiche autonome. La stoffa dei sogni, girato con non poca fatica su un territorio che tuttora offre pochissimi confort in cambio di un splendore naturale incontaminato, si ammanta di un’arcaicità ispirata, portatrice di sapori, odori e suggestioni uniche nel proprio genere, ma anche di sapienza e poesia, di naturalezza e artificio senza artificialità, di profondissima sensibilità e bravura attoriale. Sergio Rubini nel ruolo dal capocompagnia ed Ennio Fantastichini in quello del direttore del carcere sono perfetti, coadiuvati da compagni di lavoro assolutamente all’altezza.