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LA TIMIDEZZA DELLE CHIOME (Valentina Bertani)
Gemelli diversi

Quando la scuola finisce e comincia l’età adulta, Benjamin e Joshua Israel, due gemelli omozigoti di origine ebraica, cominciano a sentirsi oppressi e senza futuro. Avere vent’anni e un naturale carisma non basta, se hai una disabilità intellettiva e il mondo in cui vivi non sembra essere fatto per accoglierti. Joshua desidera fare sesso per la prima volta, mentre Benjamin insegue l’utopia di un amore. Anche se i due entrano spesso in conflitto tra loro, il loro legame è impossibile da sciogliere.

La timidezza delle chiome segna l’esordio alla regia di un lungometraggio da parte di Valentina Bertani, promettente filmmaker di origine mantovana con all’attivo un “ritratto” del cantante Ligabue diretto per la Fox (Made in Italy, 2016) oltre che un significativo percorso espressivo di formazione contrassegnato da importanti spot pubblicitari e videoclip (oltre a quelli realizzati per lo stesso Ligabue vanno perlomeno citate le sue collaborazioni con Arisa, i Negramaro e gli Stadio). Un film il cui titolo prende spunto dall’omonimo libro di Pietro Maroé (la cui frase centrale è citata per intero in uno dei momenti più intensi del film), e la cui cifra segna un significativo passaggio nell’enunciazione di Bertani, che qui sembra voler prendere le distanze dalla sua produzione precedente. Di essa rimangono tuttavia le tracce nella scelta di scandire e amalgamare il percorso esistenziale/narrativo dei due protagonisti con inserti di montaggio nei quali si susseguono a ritmo sostenuto (talvolta con dei veri e propri flash) materiali di matrice diversa, che restituiscono alcuni momenti del passato dei due protagonisti assoluti.

La timidezza delle chiome è infatti un’opera di osservazione a lungo termine, un documentario character driven (dove cioè il conflitto centrale della narrazione è tra i personaggi e non tra essi ed elementi esterni) costruito attraverso un pedinamento di matrice zavattiniana durato ben cinque anni e su una relazione tra l’autrice e i due gemelli protagonisti che è progressivamente cresciuta. Permettendo di conseguenza alla camera di attraversare i lockdown della pandemia facendosi sempre più “invisibile”, di azzerare (o quasi) la propria ingombrante presenza di fronte all’effervescente personalità dei due protagonisti, e di raggiungere in tal modo un’intimità tanto rara quanto emotivamente coinvolgente. Così da descrivere il complicato passaggio dall’adolescenza all’età adulta di due “ragazzi speciali” (come si definiscono Benji e Joshua) in modo esemplare. Restituendone non solo l’inossidabile attaccamento, ma anche il complicato percorso di emancipazione — prima dalla famiglia di origine, successivamente tra loro stessi — che ne definisce le differenti identità. Come ad esempio la diversità che caratterizza il loro complesso approccio con l’altro sesso, laddove Benji idealizza l’amore mentre Joshua ricerca la soddisfazione sessuale (“Io voglio scopare” dice il secondo, al quale risponde il primo “Io invece voglio fare l’amore”). Come, soprattutto, la reazione che i due hanno durante il servizio di leva operato nell’esercito israeliano, nel quale esplodono le differenze , e che Bertani riesce a ritrarre con grande ricettività e intima prossimità.

La timidezza delle chiome è insomma un esordio convincente e ammirevole, l’ennesima dimostrazione della vitalità del documentario italiano di questi anni nonché opera aurorale di un’autrice dal grande cuore e di una sensibilità non comune.

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Sull'autore

Francesco Crispino

Francesco Crispino è docente di cinema, film-maker e scrittore. Tra le sue opere i documentari Linee d'ombra (2007) e Quadri espansi (2013), il saggio Alle origini di Gomorra (2010) e il romanzo La peggio gioventù (2016).