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L’UOMO DAL CUORE DI FERRO (Cédric Jimenez)
Ascesa e caduta di Reinhard Heydrich

Congedato con disonore dalla Marina tedesca, Reinhard Heydrich si lega a Lina, iscritta al partito nazista, e grazie alle conoscenze altolocate della donna, alla sua freddezza e alla sua ambizione, riscuote la fiducia del capo delle SS, Himmler, diventando il principale artefice della “soluzione finale” nei confronti degli ebrei. Nominato da Hitler governatore di Boemia e Moravia, nel giugno 1942 Heydrich viene ferito a morte mentre viaggia in auto per le vie di Praga, durante un agguato dei combattenti della resistenza ceca, addestrati dagli inglesi…

Tratto dal romanzo HHhH di Laurent Binet (acronimo di “Himmler’s Hirn heißt Heydrich”, ossia “Il cervello di Himmler si chiama Heydrich”), vincitore del premio Goncourt 2012 e tradotto in venticinque Paesi, L’uomo dal cuore di ferro è un film narrativamente altalenante tra il biopic sul “macellaio di Praga”, unico ufficiale nazista di alto rango ucciso durante la Seconda guerra mondiale, e la descrizione “dall’interno” della resistenza praghese, in particolare delle figure di Jan Kubis e Jozef Gabcik, a capo del drappello che preparò e realizzò l’attentato a Heydrich. Una “spessa venatura”, a livello di script, che, totalmente dedicato nella prima parte all’ascesa ai vertici militari di Heydrich, sbilancia il film del francese Cédric Jimenez interrompendosi e riprendendo le vicende al momento dell’agguato al gerarca di Hitler, osservato da entrambe le sponde. Uno sguardo puramente descrittivo, dunque, quello de L’uomo dal cuore di ferro, e ben poco introspettivo, che si appoggia però ad un’adeguata tensione registica e ad una riuscita, spettacolare gestione dei momenti bellici, soprattutto nella rappresaglia tedesca nella chiesa in cui si rifugiarono i giovani attentatori e nella spietata repressione delle SS nel villaggio di Lidice.

In effetti, più della prevedibile, frontale raffigurazione di Heydrich, appiattita su cinismo, perfidia e spregiudicatezza, mai approfondita nelle sinuosità caratteriali più profonde, L’uomo dal cuore di ferro (titolo, va detto, fuorviante, per le ragioni appena esposte) aggancia l’interesse dello spettatore per l’ordinario eroismo dei combattenti praghesi: dietro la loro “missione impossibile” c’è la consapevolezza che ogni giorno di vita possa essere l’ultimo, pulsa l’importanza di impiegare ogni energia per un irrinunciabile ideale di libertà, si fa strada il senso di un’amicizia giovanile capace di farsi forza vitale nel contrastare una guerra assurda e respingere un mostruoso invasore. Non è poco, in un film volutamente a due facce, entrambe specchio l’una dell’altra.

Regia: Cédric Jimenez

Nazionalità: Francia, Usa, Gran Bretagna, Belgio, 2017

Durata: 119′

Interpreti: Jason Clarke, Rosamund Pike, Mia Wasikowska, Jack O’Connell

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.