La curiosità era quella di vedere la resa di una famosa pièce teatrale sul grande schermo. Piccoli crimini coniugali (Italia, 2017) è infatti tratto dall’omonima opera del drammaturgo belga Eric Emmanuel Schmitt, uno tra gli autori teatrali contemporanei più rappresentati in tutta Europa. Un’opera difficile, praticamente priva di azione, tutta psicologica e introspettiva, fondata unicamente sul serrato dialogo tra i due protagonisti. Sergio e Donata sono una coppia di mezza età, senza figli. Lui, scrittore di successo, dopo un incidente domestico ha perso la memoria: sembra non riconoscere più la moglie, la sua casa, neppure sé stesso. “Che tipo di uomo ero?”, si chiede con insistenza. La moglie inizia un lungo racconto, sofferto, a tratti sincopato, da cui emerge progressivamente una realtà inaspettata e ricca di colpi di scena, in cui le parti spesso si invertono e si confondono e dove il confine tra amore e odio diviene davvero difficile da definire. Come eravamo? O come avremmo voluto essere? Margherita Buy e Sergio Castellitto – unici interpreti di questo ultimo lavoro del regista Alex Infascelli – sostengono una prova interpretativa davvero difficile, davanti ad una macchina da presa che si sostituisce, senza grandi concessioni, alla quarta parete di una scena teatrale. Ed è proprio l’ambientazione, chiusa e claustrofobica, di questo appartamento borghese (che rimanda ai drammi di Ibsen) la chiave interpretativa di un film certo atipico e impegnativo.
PICCOLI CRIMINI CONIUGALI La verità che non lascia in piedi nessuno
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