Isabella è una cantante pop che negli anni Novanta ha conosciuto il successo con un solo album. Oggi è una madre single decisamente instabile e vulnerabile. Impartisce lezioni di piano per arrotondare, ma non si preoccupa di pagare le bollette o di fare la spesa. È il figlio Bruno, ventenne diligente e sensibile, a ricordare alla madre le sue responsabilità e ad imporre delle regole in casa.
Tra madre e figlio c’è un rapporto strettissimo, quasi morboso. Isabella e Bruno giocano e scherzano come due ragazzini, si confidano, escono assieme la sera. In un locale della città (l’unico che ancora li ospita) si esibiscono in un duo chitarra-voce riproponendo il tormentone di un tempo Tic Tac e le altre canzoni new wave.
Mentre la madre tenta di rivivere nostalgicamente il passato, Bruno ha talento e creatività in campo musicale: quando conosce Arianna, si palesa la possibilità di dedicarsi seriamente alla sua passione, di costruire qualcosa di “proprio”, di vivere nuovi sentimenti di affetto. Magari con un’altra donna, una ragazza della sua età.
L’esclusività del rapporto madre e figlio sembra rivelarsi allora una vera e propria dipendenza, che assume le forme della possessività, della gelosia reciproca, della preclusione di altre esperienze.
Sorreggendosi sulla performance interpretativa di Barbora Bobulova, perfettamente a suo agio tra lustrini e videoclip revival, il primo lungometraggio di finzione di Lamartire racconta un rapporto genitore-figlio “pericoloso” proponendo una narrazione piuttosto convenzionale.
Ne esce un romanzo di formazione familiare decisamente italiano, adatto magari ad un palinsesto televisivo.
Occorre rendere merito al fatto che i brani sono realmente eseguiti dagli interpreti, garantendo una maggior aderenza tra sceneggiatura e musica, che gioca un ruolo dominante nell’intero film.