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COME UN GATTO IN TANGENZIALE (Riccardo Milani)
Le differenze sociali di un Paese spaccato in due

COME UN GATTO IN TANGENZIALE

Giovanni vive in un elegante appartamento nel centro storico di Roma e lavora per un think tank che, in ambito europeo, si propone di riqualificare le periferie italiane. La sua ex moglie Luce coltiva lavanda in Provenza. Entrambi, come genitori, hanno educato la figlia tredicenne Agnese ai nobili princìpi dell’integrazione sociale. Ma quando la stessa Agnese rivela al padre la sua cotta per Alessio, un quattordicenne della borgata Bastogi nota per il suo degrado, Giovanni, sconcertato, segue la ragazzina fino alla casa dove Alessio abita con la mamma Monica e le due zie Pamela e Sue Ellen…

 

Dopo la fruttuosa esperienza sul set di Mamma o papà? Paola Cortellesi e Antonio Albanese tornano a fare coppia nel nuovo film dello stesso regista di allora, Riccardo Milani, affrontando in forma di commedia alcuni tra i temi cruciali della società contemporanea: il problematico rapporto metropolitano tra il centro e la periferia, le contraddizioni di una certa intellighenzia che predica bene e razzola male, la sfiducia preventiva che le fasce meno abbienti della popolazione nutrono verso coloro che dovrebbero aiutarle a vivere meglio e con maggiore consapevolezza.

Partendo da queste premesse, Come un gatto in tangenziale punta alla radiografia di un presente che, per guardare con più speranza al futuro, deve accettare di cambiare prospettiva e metodo, uscendo da una confortevole “zona protetta” per andare incontro all’”altro”. Un messaggio condivisibile e rassicurante, che il film di Milani persegue però con uno sviluppo narrativo altrettanto piatto e lineare: perfettamente riconoscibili, da parte del pubblico, nelle loro caratterizzazioni comiche, l’esperto di problemi complessi che tiene relazioni sul disagio delle periferie al Parlamento europeo e l’ex cassiera di supermercato che lavora saltuariamente in una mensa per anziani non deviano di un millimetro, nelle interpretazioni funzionali di Antonio Albanese e Paola Cortellesi, al compito richiesto loro dalla sceneggiatura.

I loro mondi opposti, fin dall’inizio del film destinati a scontrarsi e poi a incontrarsi, vengono sintetizzati nelle forme più immediate e nette, senza sfumature, spigoli o retrogusti: da una parte la proiezione di un film armeno in un cinema d’essai avvolta in un silenzio sacrale, dall’altra la visione di una pellicola ultrapopolare in una multisala sommersa dal vociare dei ragazzini e dai cestini di pop corn; da un lato le vacanze estive trascorse a Capalbio, tra intellettuali, vip e improbabili conversazioni sull’arte contemporanea, dall’altro la spiaggia chiassosa di Coccia di Morto, tra distese di corpi stipati come sardine. Dall’incrocio tra il contegno benpensante di Giovanni e la carica combattiva di Monica nascono sorrisi che, talvolta, sfociano in aperte risate. Ma il film di Milani (in passato aiuto-regista di Monicelli), nonostante le lodevoli intenzioni, resta una commedia innocua e di un semplicismo disarmante, ben lontana dalla satira sociale vivida e graffiante del nostro miglior cinema.

Regia: Riccardo Milani

Nazionalità: Italia, 2017

Durata: 98′

Interpreti: Paola Cortellesi, Antonio Albanese, Sonia Bergamasco, Claudio Amendola

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.