Ai miei tempi Rubriche Vita associativa

Una questione di millimetri
Dal prevosto al Prevost, il felice connubio tra Chiesa e cinema

La storia del cinema ha la leggerezza delle nuvole ma anche la pesantezza delle macchine. Entrambi affascinano: il sogno proiettato sullo schermo, immateriale perché fatto di luce e ombra, e il proiettore, solido e monumentale, misterioso custode di quella magia. I volontari del Cineteatro Stella di Milano raccontano gli anni passati ad armeggiare attorno a queste attrezzature, che andavano anche trasportate avanti e indietro, finché l’oratorio e la sala parrocchiale dei Santi Quattro Evangelisti non furono pronti a ospitarli. «Finalmente ci siamo stabiliti qui con un Prevost», racconta Gabriele Agnelli, citando un marchio notissimo a tutti gli habitué delle cabine di proiezione, come testimoniano anche Nuovo Cinema Paradiso (era a marchio Prevost il proiettore che andava in fiamme nel film di Giuseppe Tornatore) e Lisbon Story (sempre Prevost la vecchia moviola usata dal protagonista del film di Wim Wenders).

«Dopo il primo proiettore – continua Gabriele – ne abbiamo acquisito un secondo, sempre da 35 mm, dal Cinema Meda di via Meda. Quando l’hanno dismesso loro, l’abbiamo preso noi; e hanno sempre funzionato entrambi, fino all’arrivo del digitale». Un proiettore più vecchio, da 16mm, aveva fatto da antesignano. Prima della messa a punto della sala, infatti, solo con quel supporto era stato possibile proiettare i film d’animazione della San Paolo per i ragazzini dell’oratorio. Una presenza, quella del proiettore più vecchio e di questa collana di cartoni animati (in parte a tematica religiosa) per certi versi provvidenziale: «C’è stato un periodo – racconta Sandro Crippa – in cui non si riuscivano a trovare dei film adatti per la domenica pomeriggio, perché quelli già in programmazione non andavano bene per gli spettatori più piccoli. Per fortuna avevamo in oratorio i film della San Paolo, con cui riuscivamo a riempire il “palinsesto”. Avere sotto mano il proiettore adatto era condizione fondamentale».

Quando arrivava il turno del grosso film per ragazzi, però, non c’era alcun problema a riempire il buco, e tornava in sella il proiettore “titolare”: «Quando il film della domenica era il cartone animato di Walt Disney, al pomeriggio si faceva il doppio spettacolo. In quegli anni abbiamo visto la sala letteralmente riempirsi. C’erano spettacoli con 500 persone». Sandro gesticola, cercando di dare l’idea di un luogo da cui i bambini straripavano, come dal letto di un fiume. Poi ci rivela un segreto. «Se andavano a messa la mattina, ottenevano un bollino su una tessera e al pomeriggio avevano uno sconto sul biglietto d’ingresso». Ridiamo, chiedendoci se i frutti di questa strategia siano stati più cinefili o più spirituali. D’altronde, molti artisti hanno iniziato la loro strada capitando in un cinema per caso, così come molti santi entrarono in una chiesa per “sbaglio”.

Ai tempi – e parliamo della preistoria rispetto all’era dei multiplex e di Netflix – nella stessa zona della città i cinema erano tanti ma non si facevano concorrenza. «Oltre al nostro c’erano il Cristallo, il Meda, il Massimo… ma tutti facevano il pienone». Il cinema della parrocchia, però, era associato a piaceri tutti particolari: «Al bar trovavi la gazzosa, la pepsicola, le patatine… tuttora gli oratori si sostengono grazie alle vendite del bar». E sì che erano cose che potevi comprare dappertutto ma alcuni sapori erano legati al contesto. «Le stringhe di liquirizia le trovi al bar dell’oratorio, mica le vai a comprare altrove…». Gli anni Sessanta, tra gazzosa e liquirizie, passano, e i toni si incupiscono. «Quel decennio registrò una crescita esponenziale degli spettatori. Poi, negli anni, abbiamo dovuto abolire gli spettacoli della domenica sera e del venerdì sera. Per un po’ ci siamo limitati al sabato e alla domenica pomeriggio. In ultimo, togliemmo anche la proiezione del sabato sera, perché il cinema era diventato un ricettacolo di balordi e diventavamo matti noi a tenerli d’occhio, insieme ad alcuni papà dell’oratorio». Ancora per un po’ di anni resistette il film per bambini della domenica pomeriggio. «Però ormai gli spettatori erano pochi. Quando abbiamo interrotto, prima di ricominciare dopo la ristrutturazione, le presenze si aggiravano tra i 30 e i 40 spettatori. In pratica facevamo i babysitter. Arrivavano i genitori, mollavano i ragazzini, chiedendo “a che ora vengo a prenderli?”, e dentro i bambini si scatenavano…».

Se lo schermo potesse parlare, insomma, avrebbe più cose da raccontare degli spettatori seduti in sala. Quelli, comunque, gli spettatori, il momento per dire la loro ce l’avevano, quando venne istituzionalizzato il cineforum: «Partì quasi subito, con don Luigi Crivelli – ricorda Gabriele –. Fu lui il propugnatore e il primo a guidarlo, insieme a Giovanni Pacchiano, che era preside della scuola media di via Tabacchi. Erano quelli i primi passi per cercare di formare i giovani di allora, al cinema e attraverso il cinema. Don Luigi cercava di instradare tutti i ragazzi. Era molto portato per la cultura e ci ha dato molto». E loro, i ragazzi, come reagivano? «Allora bene. Non so se si sentissero obbligati a venire ma di certo erano numerosi. Era un cineforum abbastanza giovane. Cose che adesso non se ne vedono più, l’età media si è alzata sensibilmente». Che significato aveva per voi? «Per noi era importante. Avevamo quel momento per uscire di casa. Ed era in continuità con l’incontro del gruppo dei giovani in parrocchia. Si usciva di casa, si stava insieme, ma era soprattutto l’occasione per crescere e imparare. Ora ci sono tante altre distrazioni, è cambiato proprio il modo di passare il tempo, ma non so se i ragazzi di oggi sono abbastanza spinti dai preti come noi ai nostri tempi».

Un ultimo ricordo davvero intenso, a proposito di preti, è sul “fondatore” don Dante Basilico, presente con un’ampia delegazione parrocchiale a un’udienza generale del papa Paolo VI nel giugno 1965. «Uno speciale saluto – sono le parole di Giovanni Battista Montini – pieno di cari e commossi ricordi, è poi riservato a voi, diletti parrocchiani dei Santi Quattro Evangelisti, di Milano, che partecipate al pellegrinaggio commemorativo dei primi dieci anni di vita della vostra parrocchia. Ricordiamo con particolare compiacimento come essa sia stata da Noi fondata, durante il ministero pastorale nell’Arcidiocesi ambrosiana; possiamo ben dire che vedemmo crescere la grande e bella chiesa, dedicata agli Evangelisti; e Ci è caro ora attestare, anche pubblicamente, la Nostra stima all’ottimo Prevosto-Parroco, qui presente, don Dante Basilico, e a tutti i suoi bravi parrocchiani, che hanno saputo rendere viva e attiva la loro parrocchia con ben avviate ed efficienti opere e scuole». Cos’altro aggiungere su un cineforum certificato da un santo?

2 – continua

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Sull'autore

Raffaele Chiarulli

Guido un workshop di critica cinematografica presso l'Università Cattolica di Milano e insegno cinema dalle scuole materne alle università della terza età.