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200 METRI (Ameen Nayfeh)
Oltre il muro

Mustafa e sua moglie Salwa vivono a 200 metri di distanza, in due villaggi palestinesi separati dal muro. Un giorno l’uomo riceve la telefonata che ogni genitore teme: suo figlio ha avuto un incidente. Si precipita quindi al checkpoint, ma il passaggio gli viene negato per un tecnicismo. Per amore un padre però non si arrende facilmente e Mustafa è deciso a raggiungere suo figlio ad ogni costo. La distanza di 200 metri diventa così un’odissea di 200 chilometri per lui che, rimasto senza altra scelta, tenterà di passare di nascosto dall’altra parte del muro.

Presentato in anteprima alle “Giornate degli autori” di Venezia 2020 (dove ha avuto un ottimo riscontro di critica e di pubblico, vincendo anche il “Premio BNL”) e selezionato dalla Giordania a rappresentarla nella competizione per l’oscar del “miglior film internazionale” 2021, l’esordio nel lungometraggio del palestinese Ameen Nayfeh è un lavoro forse disomogeneo stilisticamente benché assai ricco emotivamente. Un progetto che ha radici lontane – come testimoniano i primi riconoscimenti ricevuti dalla prima versione della sceneggiatura già del 2013 -, realizzato da un’insolita co-produzione – nella quale sono coinvolti ben cinque paesi (tra cui l’Italia) – e che, forse proprio per questo, si caratterizza per la convivenza di scelte espressive di alto profilo con altre meno felici.

Di pregevole fattura è infatti lo script (firmato dallo stesso Nayfeh), costruito come una vera e propria Odissea kafkiana nei territori della Cisgiordania, le cui tappe definiscono progressivamente tutta l’assurdità di una situazione inaccettabile quanto paradossale. Così come di ottimo livello è l’interpretazione di Ali Suliman (nel ruolo del protagonista Mustafa), capace di restituire tutta le angosciose vibrazioni del proprio personaggio attraverso un’articolata e ben padroneggiata gamma espressiva. Mentre più mercuriale appare invece la regia, in grado di alternare soluzioni espressivamente affascinanti (come la claustrofobica sequenza ambientata nel bagagliaio dell’automobile pronta ad attraversare il confine) che in alcuni casi s’impregnano di sincero lirismo (come la bella sequenza conclusiva) a scelte decisamente più convenzionali. Tutti aspetti di cui è giusto tenere conto, ma che tuttavia non arrivano a incidere sul discorso enunciato da Nayfeh, ben più stratificato di quanto potrebbe a prima vista sembrare.

200 metri è infatti non solo un’opera sulla divisione, così come sulla ricerca dell’Unità (familiare), ma anche una vera e propria meditazione sul Cinema come insostituibile mezzo per far esplodere i conflitti. Tema che emerge attraverso il personaggio di Anne, la filmmaker tedesco/israeliana che si unisce ai viaggiatori, il cui atto del filmare costruisce una profonda vertigine autoreferenziale nella quale la situazione particolare si rispecchia in riflessione universale. Spostando in tal modo la linea d’orizzonte del discorso ben oltre i muri che ci impediscono di vedere al di là della contingenza.

 

200 METRI
Regia di Ameen Nayfeh
Con Ali Suliman, Anna Unterberger, Motaz Malhees, Lana Zreik, Gassan Abbas
Palestina, 2020
Durata 90 minuti
 

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Sull'autore

Francesco Crispino

Francesco Crispino è docente di cinema, film-maker e scrittore. Tra le sue opere i documentari Linee d'ombra (2007) e Quadri espansi (2013), il saggio Alle origini di Gomorra (2010) e il romanzo La peggio gioventù (2016).