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BRIDGET JONES’S BABY (Sharon Maguire)

 

È il 43° compleanno di Bridget e l’amica-collega Miranda le fa un insolito regalo: un weekend in un festival campestre per single, nel cuore della campagna inglese. Luogo ideale per frettolose accoppiate che possono distrarre l’amica al suo perdurante status di (ormai) zitella dopo aver rotto con Darcy. Le due donne s’avventurano verso il promettente luogo scacciapensieri dove, appena arrivata, Bridget ne combina una delle sue, inciampando e rotolando nel fango. A sollevarla è un fascinoso americano che subito la corteggia e le fa trascorrere una notte indimenticabile. Rientrata a Londra, la Jones s’imbatte nuovamente in Darci e – scoprendolo sulla via del divorzio – finisce a letto anche con lui. Dopo un paio di mesi Bridget si scopre incinta con un insolvibile dilemma: chi sarà mai il padre del bambino?

C’era una volta la paffuta e distratta Bridget Jones, 30enne della provincia British che provava a farsi vita e carriera nella Londra dei media con un’ossessione: trovare il principe azzurro. A distanza di 15 anni è diventata una donna più consapevole, attrezzata ai colpi di vento esistenziali e soprattutto più in forma. Uniche persistenze: l’innate simpatia e umanità, e la singleness, dopo parecchi anni da fidanzata del fascinoso giudice Mark Darcy. Irresistibile personaggio per ogni genere di pubblico femminile sulla faccia del pianeta, il franchise Bridget Jones giunge – forse – a compimento di una trilogia iniziata con Il diario di Bridget Jones (2001) e Che pasticciaccio Bridget Jones! (2003) e ritrova l’attrice che a lei deve la popolarità, Renée Zellweger accanto a Colin Firth e al new entry Patrick Dempsey. Se le altissime aspettative facevano temere un fisiologico indebolimento del character inventato dalla penna di Helen Fielding, già parzialmente mostrato nel secondo episodio, la sorpresa è invece arrivata dalla rinnovata linfa creativa fornita tanto al personaggio quanto al film stesso, scritto, diretto e interpretato in maniera congeniale al suo genere. Commedia vivace, assai divertente senza mai cadere nella volgarità, Bridget Jones’s Baby offre anche un assist etico a chi si ritrova madre single, o almeno con tale prospettiva. Bridget è dunque cresciuta pur rimanendo fedele se stessa: un messaggio alla genuinità dell’essere umano contro ogni forma di seriosità aggiunta.

 

 

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Sull'autore

Anna Maria Pasetti

Anna Maria Pasetti Milanese, saggista, film programmer e critica cinematografica, collabora con Il Fatto Quotidiano e altre testate. Laureata in lingue con tesi in Semiotica del cinema all’Università Cattolica ha conseguito un MA in Film Studies al Birkbeck College (University of London). Dal 2013 al 2015 ha selezionato per la Settimana Internazionale della Critica di Venezia. Si occupa in particolare di “sguardi al femminile” e di cinema & cultura britannici per cui ha fondato l'associazione culturale Red Shoes. . Ha vinto il Premio Claudio G. Fava come Miglior Critico Cinematografico su quotidiani del 2020 nell’ambito del Festival Adelio Ferrero Cinema e Critica di Alessandria.