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Francesco (Evgeny Afineevsky)
Tra tenerezza e ambiente, il Papa raccontato in un film dal respiro universale

Mentre il film di Wim Wenders Papa Francesco – Un uomo di parola è un’opera d’arte, con pennellate emotive e intense visioni, Francesco di Evgeny Afineevsky è una ricerca scientifica, atta a documentare passo-passo l’azione concreta e rivoluzionaria di un essere umano (senza “Papa” nel titolo). Il regista russo non è credente e, forse anche per questo, la sua impronta, lungi dall’essere celebrativa o didascalica, conferisce al film un respiro davvero universale, omaggiato da uno degli applausi più lunghi in sala alla Festa del Cinema di Roma, dove è in programma come “Evento Speciale”.

La prima immagine è la salita del Pontefice, sotto la pioggia battente e nel vuoto assoluto, verso l’altare di piazza San Pietro durante il lockdown, un’apparizione di potenza straordinaria da cui parte un lungo flashback fino a Buenos Aires, dove fu la nonna paterna ad occuparsi della sua educazione cristiana nell’infanzia. Un imprinting che gli permetterà, spiritualmente, di sviluppare una sensibilità quasi “materna”, fondata sulla “tenerezza” (termine a lui caro), e, concretamente, di valorizzare la componente femminile in ruoli di grande importanza all’interno dell’Istituzione Chiesa, dalla direzione dei Musei vaticani al Consiglio per l’Economia della Santa Sede.

Il Francesco del film è poi un Papa in grado di riconoscere i propri errori, come nel caso dei preti pedofili in Cile, e di chiedere perdono alle vittime di abuso, non solo a parole, ma con i fatti, imponendo le dimissioni ai colpevoli. E’ un Papa che piega il potere dei media ai propri scopi, invitando la stampa al seguito del suo viaggio in Myanmar perché si accendano i riflettori sulla silenziosa persecuzione dei Rohingya, o nel mare di Lampedusa invocando maggior attenzione del nostro governo verso i profughi, e quando un giornalista in volo di ritorno dal Medioriente gli chiede perché abbia portato in Italia quattro famiglie siriane di fede islamica risponde semplicemente: “perché sono esseri umani”. Francesco infatti chiama le cose con il proprio nome, “genocidio” è quello armeno benché la Turchia non lo riconosca, “coppia” è anche quella dei genitori gay a cui consiglia di mandare i figli in parrocchia, “amico” è il rabbino, l’imam, l’induista.

Un accurato lavoro di montaggio mette in dialogo tra loro le innumerevoli testimonianze raccolte e i viaggi del Papa nel mondo, dagli Stati Uniti all’Indonesia, dal Sudamerica alla Terra Santa, dove porta speranza, con le stesse umiltà, saggezza e generosità, ai potenti e agli ultimi, impegnando i primi a prendersi cura dei secondi. E infine l’ambiente, il suo tema per vocazione, insito nella visione del Santo di cui ha preso il nome: non c’è mai occasione persa per ricordare che noi siamo i primi responsabili delle ferite di madre Terra. Questo Francesco è un Papa “secolarizzato”, o meglio “secolarizzante”, che nell’accogliere i cambiamenti del tempo, acquista un’inedita grandezza. Il film è stato insignito del premio “Kinéo Movie for Humanity Award”.

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Sull'autore

Elena Grassi

Laureata in Scienze delle comunicazione all’Università di Trieste, ha conseguito il master in Educazione audiovisiva e multimediale e il Dottorato di Ricerca in Scienze Pedagogiche all’Università di Padova. Giornalista e critico cinematografico, lavora da educatore audiovisivo per enti pubblici e privati ed è consulente per l’Acec del progetto Junior Cinema.