Schede Cinema Filmcronache

FREUD – L’ULTIMA ANALISI (Matt Brown)
Un confronto serrato sull’esistenza di Dio

Londra, 3 settembre 1939, due giorni dopo l’invasione della Polonia da parte dell’esercito tedesco. L’Inghilterra ha dichiarato guerra alla Germania, il mondo è sull’orlo del baratro. L’83enne Sigmund Freud, fuggito con la sua famiglia da Vienna, l’anno precedente, a causa delle persecuzioni naziste, accoglie nel suo studio il giovane docente di Oxford C.S. Lewis per dibattere sull’esistenza di Dio e sul valore della fede. Un confronto, lungo un’intera giornata, tra due delle menti più acute del Ventesimo secolo…

Un incontro immaginario, benché Freud abbia effettivamente ospitato nella sua casa londinese, venti giorni prima di morire, un professore di Oxford, di cui, però, non si seppe mai il nome: il fulcro narrativo del lungometraggio di Matt Brown deriva da Freud’s Last Session, l’acclamata opera teatrale di Mark St. Germain di cui il film costituisce l’adattamento (la quale, a sua volta, si ispira al saggio di Armand Nicholi The Question of God: C.S. Lewis and Sigmund Freud debate God, Love, Sex, and the Meaning of Life). Una doppia ‘paternità’, dunque, che in Freud – L’ultima analisi trova riscontro nella natura sostanzialmente ‘da camera’ di una conversazione serrata che si allontana, talvolta, dalle mura domestiche, ma perlopiù in forme reminescenti, e si configura, addensandosi, nell’articolazione ‘alta’ del confronto, che passa senza sosta dalla religione alla scienza, dall’ascolto dell’anima alle aspirazioni della mente.

La rimessa in discussione di una dimensione metafisica quale sostegno e conforto per l’uomo, da parte di Freud, e, di rimando, la sfida allo scetticismo corrosivo del padre della psicoanalisi, da parte di Lewis, si nutrono di punzecchiature intellettuali e citazioni colte, ma soprattutto di scavi interiori. Sia nel caso del dottore austriaco, ateo e razionalista, sia nel caso del letterato britannico, devoto cristiano dopo un passato ateista, le affermazioni e le confutazioni si incrociano con il proprio vissuto esperienziale e gli affanni del privato: il legame quasi morboso di Freud con la figlia lesbica Anna, che con la compagna Dorothy Burlingham aveva fondato un centro di psicologia infantile, ma anche la relazione niente affatto convenzionale di Lewis con la madre del suo migliore amico, morto nelle trincee della Prima guerra mondiale.

Queste apparenti digressioni, in realtà, nel film di Brown fungono da catalizzatore di teorie e dottrine, in un continuo gioco di sponda che, travalicando l’orizzonte ideologico e trascendente per ricadere, non di rado, sulla decadenza corporale e la fragilità psicologica (il cancro inoperabile alla mascella che fa soffrire Freud e lo shock traumatico riportato da Lewis sui campi di battaglia francesi), tira in ballo il teologo e predicatore John Bunyan e gli Inklings, il gruppo letterario di Oxford di cui, oltre a Lewis, faceva parte anche J.R.R. Tolkien. A questo match, raffinato e pungente, Hopkins e Goode, nei panni rispettivamente dell’autore de L’interpretazione dei sogni e del futuro scrittore de Le cronache di Narnia, offrono non solo slancio verbale, ma anche personalità caratteriale. Le loro performance (soprattutto quella, come sempre magistrale, di Hopkins) sono il vero punto di forza di un film dall’impaginazione semplice ma elegante, che nel coniugare con pregevole equilibrio forma e contenuto inciampa in qualche didascalismo di troppo (i flashback sulle rispettive infanzie dei due studiosi), ma alza lo sguardo dello spettatore sui fondamenti del pensiero moderno. Arrivando, con il suo carico di vitale complessità, dagli echi di guerra del 1939 fino ai giorni nostri.

Regia: Matt Brown

Interpreti: Anthony Hopkins, Matthew Goode, Jodi Balfour, Orla Brady, Stephen Campbell Moore

Nazionalità: Usa

Durata:122’

Scrivi un commento...

Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.