Simone Agnetti recensisce Happy Holidays, di Scandar Copti. Un racconto di Israele tra emancipazione femminile e obblighi famigliari.
Quanti mondi rinchiude Israele nel suo piccolo territorio? Quanta complessità si è generata nel porre in convivenza popoli di diversa origine nella stessa terra (santa)? Superata la semplificazione nel vedere Israele come lo stato degli ebrei, peraltro prevenienti da Europa, Russia, America e Africa, ci si può addentrare nella sua ricca demografia, fatta di religioni, culture e etnie che radicano la loro convivenza in fattori spesso accidentali e forzosi. Nelle sue città possiamo trovare religioni orientali, israeliani di etnia e cultura araba e di religione cristiana, oppure palestinesi musulmani e cristiani, ebrei di antica presenza e etiopi di religione ebraica, ortodossie di varie natura, atei secolarizzati che mantengono tratti culturali locali, inoltre, convivono sia le rigidezze e le tradizioni in campo sessuale, tipiche di alcune culture, sia la totale libertà verso l’omosessualità, garantita dallo stato.
In questa nazione, che fa tanto parlare di sé, è nato e cresciuto il regista Scandar Copti, israeliano di famiglia palestinese cristiana, originario di Jaffa (Tel Aviv). La giuria di Orizzonti, presieduta da Debra Granik, ha assegnato a Copti il Premio Orizzonti per la Migliore Sceneggiatura per il film Happy Holidays.
Utilizzando attori non professionisti, forte di una scrittura ben impostata e di una profonda conoscenza del mondo che andava a raccontare, Copti lavora sull’emancipazione femminile e sul diritto alla libertà sessuale. I racconti si intrecciano, a svelare i segreti e i desideri di ogni protagonista. Rami, israelo-palestinese di Haifa, si trova di fronte al fatto che la sua ragazza israeliana ha cambiato idea sull’aborto programmato, ora diventerà padre anche se non vuole e si chiede se la sua opinione di compagno ha qualche valore nella scelta della donna che ama. Hanan, madre di Rami, affronta una crisi finanziaria in famiglia poco prima del matrimonio di una sua figlia e scopre, casualmente, che la figlia minore Fifi fa uso di contraccettivi, cosa intollerabile. La ragazza, travolta dallo scandalo, perde il novo fidanzato, un giovane medico che la vorrebbe illibata.
Il film apre con la festa di Purim, in cui si celebra una delle sconfitte dei nemici di Israele, e chiude con la sirena dello Yom HaZikaron, il Giorno del Ricordo, in cui tutti si dovrebbero fermare per un minuto in ricordo dell’olocausto. Queste feste sono celebrate nel film e i loro effetti sui personaggi portano il pubblico a sperimentare l’impatto di questi meccanismi sociali sulla costruzione della realtà. In primo piano è la tematica della libertà della donna in una pluralità culturale e religiosa che crea grandi contrasti, tensioni e incomprensioni.
Il regista prende spunto da un paradossale atteggiamento che, in terra nativa, ha visto più volte: quello delle madri e delle donne che sono le prime a difendere le tradizioni maschiliste.
-L’ispirazione per Happy Holidays– dice il regista -è nata da una conversazione che ho sentito per caso da ragazzo. Una mia parente diceva a suo figlio, riferendosi alla moglie: “Non permettere mai a una donna di dirti cosa fare”.- In questo diffuso sentimento patriarcale si trova un elemento, purtroppo, comune a culture e religioni, che il regista fa emergere.
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