Una rimpatriata tra vecchi amici. Una casa sperduta in una valle dimenticata dal mondo. Tanti ricordi, piombo, e storie d’amore dall’abisso. Una critica spietata al maschilismo in tutte le sue forme.
Presentato nel concorso della 74esima edizione del Festival di Locarno, il terzo lungometraggio di Bonifacio Angius è uno dei titoli cinematografici più atipici tra quelli recentemente prodotti in Italia. Un lavoro eccentrico che, se da una parte conferma come il 2021 sia un’annata decisamente straordinaria per il nostro cinema, dall’altra segna un’importante svolta nel percorso enunciativo dell’autore sassarese.
Pervaso di esasperazione e cinismo, I giganti è un lavoro dalla difficile classificazione (vi si trovano affinità forse solo con alcune opere di Marco Ferreri degli anni ’70). Determinato dalle particolari condizioni produttive e costruito apparentemente come un Kammerpiel, in realtà è uno dei prodotti cinematografici che meglio restituiscono l’esprit du temps, grazie a una scrittura stratificata e dal potenziale profondamente metaforico. In quanto il droga-party organizzato dai cinque protagonisti in un’abitazione posta in una valle isolata all’interno della Sardegna, è in realtà solo l’espediente per riflettere sulle relazioni interpersonali, sulla loro impossibilità e sull’assenza di reciprocità in un mondo ormai dominato dall’afasia, dalla totale incomprensione dell’Altro, dall’esiziale diversità delle interpretazioni. Ciò che si definisce tra i cinque protagonisti è infatti un vero e proprio gioco al massacro in cui non esistono vincitori, ma solo sconfitti. E che nelle mani di Angius, che sull’attenzione verso i losers ha incentrato la propria poetica, diventa materiale incandescente, laddove la tensione paranoide e la marginalità dei suoi personaggi riflette la mancanza d’orizzonte con la quale è costretta a fare i conti un’intera generazione.
In tal senso la “scommessa” de I giganti – la cui estetica è determinata dalle condizioni produttive del periodo-Covid – risulta vincente non solo perché è uno dei titoli che forse meglio rappresenta il deragliamento relazionale ed esistenziale che investe la società attuale, ma anche perché rappresenta l’occasione per l’autore sardo per imprimere una svolta al proprio percorso espressivo. Dal momento che, anche se nel film sussiste più di un elemento di continuità con il suo cinema precedente (ad esempio l’attenzione verso personaggi marginali ed emarginati ), esso modifica sia il proprio rapporto con lo spazio della rappresentazione (più astratto e concettuale rispetto ai precedenti Perfidia e Ovunque proteggimi), sia lo stile – che qui si compone di stasi narrative, silenzi ottundenti e impasse dialogiche di matrice pinteriana nelle quali si riflettono quella esistenziali dei protagonisti. Un film solo apparentemente respingente, poiché è destinato a “lavorare” a lungo nelle coscienze degli spettatori.
I GIGANTI
Regia: Bonifacio Angius
Con: Bonifacio Angius (Massimo), Stefano Deffenu (Stefano), Michele Manca (Andrea), Riccardo Bombagi (Riccardo), Stefano Manca (Piero)
Italia, 2021
Durata: 80’