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IL CAFTANO BLU (Maryam Touzani)
La ricucitura dei sentimenti

Halim è un sarto raffinato che gestisce insieme alla moglie Mina un negozio di abiti tradizionali nella antica medina di Salé, in Marocco. Per stare al passo con le richieste dei propri clienti, dovendo confezionare un bellissimo caftano blu per una persona molto esigente, i due assumono Youssef. Il giovane, talentuoso apprendista mostra la massima attenzione nell’imparare l’arte del ricamo e del cucito da Halim, ma ben presto Mina si rende conto di quanto il marito sia coinvolto dalla presenza in bottega del ragazzo…

Secondo lungometraggio dopo il felice esordio del 2019, Adam (incentrato sull’incontro fra due solitudini femminili: una vedova, madre di una bimba, e una giovane donna, incinta di un figlio concepito fuori dal matrimonio), il nuovo film di Maryam Touzani, nata a Tangeri nel 1980, rilancia idealmente le istanze di comprensione umana e accoglienza affettiva mostrate nel primo lavoro, rivelando anche in questo caso una fine tessitura psicologica nella costruzione dei caratteri dei personaggi e una rara delicatezza nella descrizione di eventi scaturiti più dai moti dell’anima che da gesti e azioni razionali.

Anche Il caftano blu, in effetti, come Adam, si nutre di un’osservazione pudica ma profonda delle relazioni interpersonali, pulsando di rarefazioni e sospensioni emotive e di un tempo filmico, avvolgente e ipnotico, che corrisponde, sullo schermo, al tempo della vita. La macchina da presa si sofferma ripetutamente sulle piegature di stoffe che ammorbidiscono le forme, sulle mani che scorrono sui rocchetti di fili, dai colori stupendi, alla ricerca del tono più adatto al vestito da realizzare. In quella sapiente dedizione artigianale, in quella sensibilità, sensoriale ed estetica, Il caftano blu ripone tutto il suo fascino seduttivo e tutta la sua sensualità tattile. La passione con la quale Halim svolge il proprio lavoro manuale, nell’intimità della sua bottega, fa da schermo protettivo ad un mondo esterno che egli non riesce ad affrontare: la fabbricazione del lungo, elegante abito che dà il titolo al film è infatti la metaforica presa di coscienza della sua omosessualità, fino a quel momento tenuta nascosta. Incaricato di far coincidere, negli altri, abiti e personalità, il “maestro sarto” cuce, stavolta su di sé, un ‘indumento’ che sente più appropriato, aiutato dalla comprensione amorevole della moglie. Un’accettazione della ‘diversità’ dapprima sofferta, quella di Mina, poi, sostenuta anche dalla fede, capace di custodire quel segreto lacerante e di andare oltre il destino (mektoub) e le convenzioni sociali.

È in questa ‘circolarità osmotica’ di sentimenti puri che Il caftano blu trova il suo focus narrativo ed emotivo, certamente aiutato dalle ottime prove attoriali della coppia formata da Lubna Azabal e Saleh Bakri. Lei, già incisiva protagonista di Adam. Lui, già spietato killer in Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza. Entrambi, ricoperti qui di struggente tenerezza. E offerti senza pregiudizi allo sguardo dello spettatore.

Regia: Maryam Touzani

Interpreti: Lubna Azabal, Saleh Bakri, Ayoub Messioui

Nazionalità: Marocco, Francia 2022

Durata: 122’

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.