News Schede Cinema Filmcronache Approfondimenti

IL MIO PROFILO MIGLIORE (Safy Nebbou)
Le web-relazioni pericolose

Claire ha 50 anni, due figli ed è stata lasciata dal marito per una ragazza più giovane. Dopo che la sua relazione con un uomo molto più giovane si interrompe, decide di creare un profilo falso su Facebook per spiarlo, ma finisce per conoscerne il migliore amico al quale fa credere di essere una seducente 24enne. Tra i due nasce un’attrazione virtuale che sconfina ben presto in un vero e proprio innamoramento, sebbene la situazione sia destinata a cambiare quando lui le chiede di poterla finalmente incontrare dal vivo.

C’è una fitta rete intertestuale alla base del sesto lungometraggio di Safy Nebbou, cinquantunne regista e sceneggiatore francese poco conosciuto in Italia. Non solo perché Il mio profilo migliore è la trasposizione di Celle que vous croyez – il romanzo di Camille Laurens pubblicato nel 2017 da E/O con il titolo Quella che vi pare -, quanto perché all’interno vi si trovano molteplici rimandi letterari e cinematografici utilizzati per definire il percorso esistenziale della protagonista, alle prese con una scissione identitaria determinata da un incauto quanto insano utilizzo dei social media. Riferimenti che risultano fondamentali per la decodifica del testo, proprio a cominciare dalla citazione diretta di un passo de Le relazioni pericolose enunciata da Claire durante una delle lezioni che tiene presso l’Università presso la quale insegna. Citazione che permette infatti di individuare non solo il percorso cui il suo personaggio si consegna, ma anche il nucleo discorsivo del film.

Così come quelli letterari – oltre a Laclos ci sono anche Casa di bambola di Ibsen, Marivaux, Rimbaud e indirettamente Pirandello e Borges -, anche i riferimenti cinematografici giocano un ruolo decisivo all’interno della narrazione. Le atmosfere hitchcockiane della prima parte (che guardano soprattutto a Vertigo) servono infatti a indirizzarla nella dimensione del thriller identitario, mentre quelle della seconda parte (dove il riferimento è invece il cinema di Truffaut e di Sautet) sono funzionali alla sua scomposizione/ricomposizione. Tuttavia l’aspetto più importante è la componente autoriflessiva del film, che determina un vertiginoso gioco di specchi nel quale si riflette l’itinerario narrativo/esistenziale dalla protagonista. E che rimanda non solo all’inevitabile rapporto che l’attore instaura con il proprio personaggio, ma anche a quello che finisce per stabilire con il regista che ne deve ordinare la narrazione – alla Binoche attrice/autrice fa da contraltare il personaggio della psicanalista interpretato dalla cineasta Nicola Garcia.

Pur denso di riferimenti alti e connotato da un’elegante messinscena, Il mio profilo migliore non riesce però mai a sganciarsi dall’inverosimiglianza della vicenda, cui è arduo accordare la suspension of disbelief , e a trovare elementi di originalità che gli permettano di emanciparsi dall’ennesima messinscena di un tema già abbondantemente trattato. Anzi, il rilancio discorsivo del finale (che investe il relativismo della verità) oltre dimostrarsi poco efficace, finisce per denunciarne anche la fragilità.

Regia Safy Nebbou

con Juliette Binoche, François Civil, Nicole Garcia

Francia 2019

Durata 101′

Scrivi un commento...

Sull'autore

Francesco Crispino

Francesco Crispino è docente di cinema, film-maker e scrittore. Tra le sue opere i documentari Linee d'ombra (2007) e Quadri espansi (2013), il saggio Alle origini di Gomorra (2010) e il romanzo La peggio gioventù (2016).