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IL RITO DELL’ADDIO
“Piccoli Funerali” in Val Brembana per i caduti dell’epidemia

Piccoli Funerali di e con Maurizio Rippa, accompagnato dalla chitarra di Amedeo Monda, è uno spettacolo che colpisce direttamente al cuore. Pensato come un rito di commiato, la piece parte dall’esperienza autobiografica di Rippa che, colpito da un infarto, annuncia subito al pubblico che il 45% del suo cuore è morto. Eppure questa morte biologica del cuore sembra invece aver amplificato la sua capacità empatica, tanto da creare uno spettacolo delicato e poetico che ti prende per mano e ti porta al cospetto con il più spaventoso dei misteri: la morte, la perdita di una persona cara. Rippa alterna brevi storie (ispirate alla celebre Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master e a Cartoline dai morti di Franco Arminio) a brani cantati con voce da contralto soave e leggera, spaziando da Elvis Presley a Nina Simone, incantando e commovendo lo spettatore.

Piccoli Funerali nasce alla Festa di Teatro Eco Logico di Stromboli nel 2018, l’anno successivo vince il Festival I Teatri del Sacro e da allora viene replicato in tutta Italia, suscitando sempre grandissima emozione nel pubblico. Dopo la terribile primavera pandemica, Rippa è stato chiamato a officiare il suo rito di commiato in un luogo significativo: la Val Brembana, uno dei luoghi più colpiti dall’epidemia, dove tantissime persone hanno perso la vita in un letto d’ospedale, senza poter salutare i propri cari, senza aver diritto nemmeno a un funerale.

“È stata la prima replica dopo il lockdown – racconta Rippa – e sono contento di aver iniziato proprio lì, è un territorio segnato duramente dal lutto e che aveva bisogno di elaborare la perdita dei propri cari. L’iniziativa è partita dal Festival DeSidera di Bergamo e ha coinvolto le comunità più colpite dal virus. La prima replica l’abbiamo fatta a Brignano Gera D’Adda, un piccolo comune a 18 km da Bergamo. La sindaca Beatrice Bolandrini ha capito immediatamente il valore della proposta e ha riservato le prime file di sedie proprio a quelle persone che avevano perso un famigliare durante l’epidemia e non avevano potuto fare il funerale”.

E così, nel piccolo cimitero di Brignano Gera D’Adda, tutta la comunità si è stretta attorno ai due artisti. Le parole e soprattutto le melodie hanno invaso l’aria, si è compiuto un rito dolce e straziante insieme, catartico, necessario.

“Abbiamo portato lo spettacolo in tanti luoghi diversi, dal vecchio cimitero di Stromboli ai teatri, dalle chiese ai cortili. L’allestimento è essenziale: ci siamo io e Amedeo Monda, un leggio, un tavolo e una sedia. L’unica cosa veramente importante – sottolinea l’attore e cantante partenopeo – è che io possa vedere il pubblico, vedere i loro volti, le loro reazioni. Spesso nelle scuole di recitazione ti insegnano che l’attore deve rimanere freddo, per commuovere non devi commuoverti tu. Ecco io in questo caso ho lavorato esattamente all’opposto, io e il pubblico costruiamo lo spettacolo insieme, la loro emozione è la mia emozione. Credo che non sia possibile fare uno spettacolo del genere senza lasciarsi travolgere in prima persona dai sentimenti, spesso dolorosi, che evoca e suscita. Non è un caso che dopo ogni replica molti spettatori sentano l’esigenza di scrivermi, magari attraverso i social oppure si fanno dare la mia mail. È un rito collettivo di una potenza impressionante, io vi partecipo ogni volta con la massima generosità e apertura”.

Lo spettacolo si chiudeva, nella sua versione iniziale, con una dedica personale: chi desiderava poteva alzarsi e sussurrare all’orecchio di Maurizio il nome di una persona cara che non c’è più. Ad ognuno di loro era dedicata l’ultima canzone. A causa delle norme anti covid in Val Brembana i nomi sono stati scritti dagli spettatori su dei bigliettini e lasciati in un’urna, Rippa li leggeva uno ad uno prima di cantare.

“Anche quando la dedica avveniva a voce le persone spesso non si limitavano a dire il nome: chi aggiungeva un aggettivo, chi specificava che la persona era sua madre, suo figlio. È stato così anche in Val Brembana – racconta Rippa – leggevo questi biglietti e c’erano piccole frasi d’amore, ogni biglietto era a suo modo una storia. C’era chi aveva perso un figlio, e credo che sia il dolore più straziante che possa provare un essere umano. Quando mi sussurravano all’orecchio sentivo il tono della voce, a volte un piccolo lamento, alle volte un leggero sorriso… sui biglietti ho visto il tratto incerto, la mano tremante nello scrivere un nome. È un’esperienza che non dimenticherò mai”

Il teatro è un rito per sua stessa natura, quello che fa Maurizio Rippa è un rito dentro al rito, è un’esperienza che va oltre la mera rappresentazione e che in un certo senso restituisce il senso profondo e civile dell’arte drammatica. Se, come diceva Aristotele, il teatro è il luogo dove una comunità elabora i suoi valori, Piccoli Funerali è lo spettacolo che offre la possibilità di ricordare chi ci ha lasciato e, in certo senso, di superare in parte il lutto.

“Prima di questo spettacolo non avevo capito l’importanza del rito funebre – ammette l’artista – può sembrare un atto formale e invece è un passaggio necessario. Privare queste persone del funerale è stata una ferita in aggiunta al dolore della perdita. L’uomo ha bisogno di compiere questo passaggio, non avrei mai creduto che partecipare a questi lutti mi avrebbe colpito così tanto. Ogni volta è catartico, per me e per il pubblico. È un prendersi cura, un tenere vicino e infine un lasciare andare. Sono fortunato ad essere parte di tutto questo.”

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Sull'autore

Marina Saraceno

Diplomata all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio D'Amico" e laureata in Scienze della Comunicazione con una tesi sul teatro tradizionale cinese. In teatro ha lavorato con Luca Ronconi, Mario Scaccia, Jacques Decuvellerie. Ha lavorato per la comunicazione e la promozione culturale, tra gli altri, con il Teatro Nazionale di Roma, L'Associazione Italiana Editori, l'Ente Teatrale Italiano, Rai Trade, l'Unione des Theatres d'Europe, il Teatro Stabile del Veneto, il Progetto Domani per le Olimpiadi di Torino e la Fondazione Comunicazione e Cultura della CEI. Come giornalista ha collaborato con l'agenzia com.unica, il bimestrale Sale della Comunità, il settimanale pagina99