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ISIS, TOMORROW. THE LOST SOULS OF MOSUL (Francesca Mannocchi, Alessio Romenzi)

La guerra contro l’Isis ha lasciato ferite difficilissime da rimarginare. È stata una guerra sporca, più di una guerra civile, si è insinuata nelle case, ha messo contro vicini, amici, parenti. Difficile tirare una linea tra buoni e cattivi. Su ogni casa di Mosul è scritto Isis o non Isis. Si catalogano le persone, le famiglie. Ma delle famiglie dell’Isis non restano che donne e bambini, senza documenti, senza possibilità di lavorare, alcune rinchiuse in tendopoli improvvisate. Mentre alle famiglie che l’Isis hanno combattuto, anche se composte da vedove e bambini, sono assicurati aiuti e viveri. Quasi impossibile, in questo clima, che l’odio non cresca, che le fratture divengano insanabili.

Questo film ci catapulta in questa realtà. Ci fa vivere i tempi della guerra, portando la macchina da presa fianco a fianco ai combattenti, vicina alle esplosioni. Ci fa vivere il dopoguerra con interviste ai superstiti, le donne, i ragazzini, di una parte e dell’altra. È un quadro disarmante ma perfetto, completo e attento.

E poi ci racconta i bambini addestrati nel corpo e nella mente dall’Isis, quei bambini che non solo hanno disimparato il gioco e l’istruzione, ma hanno imparato l’odio e la guerra, in una realtà che noi, nelle nostre tiepide case, non possiamo neppure immaginare.

Ma oltre a questo altissimo valore di testimonianza, ci sono, da una prospettiva più strettamente cinematografica, le scelte estetiche. I due registi, infatti, optano per immagini molto belle, precise, con colori decisi, accesi. Scelgono la bellezza, la rappresentazione della città come un inferno dantesco, delle esplosioni come una apocalisse mistica. Quando sono sporche, le immagini, è perché davvero non si poteva fare altrimenti. Di fronte a una realtà che schiaccia e opprime dappertutto, la scelta della bellezza risulta spiazzante, ma in fondo è quella che distingue il cinema dal grande giornalismo.

 

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Sull'autore

Alessandro Cinquegrani