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LA PRIMA VACANZA NON SI SCORDA MAI (Patrick Cassir)
L’immaturità dei trentenni di oggi

Marion e Ben hanno poco più di trent’anni, vivono a Parigi e si conoscono su Tinder, la app di incontri. Non potrebbero essere più diversi: lei è uno spirito libero che ama l’avventura, odia la monotonia e le comodità, lui invece è pigro, abitudinario e ipocondriaco. Ma già dopo la prima serata passata insieme, in cui scatta l’attrazione reciproca, decidono di trascorrere le vacanze estive a metà strada tra le loro destinazioni preferite, Beirut per Marion, Biarritz per Ben. Partono così per la Bulgaria, tra ostelli fatiscenti, hippies rumorosi, spiagge affollate e sport estremi…

Al suo esordio nel lungometraggio, Patrick Cassir con La prima vacanza non si scorda mai firma una commedia che, pur sforzandosi di apparire perennemente fresca e brillante, talvolta con evidenti forzature narrative e situazioni-limite, non manca di molto il bersaglio, grazie a due protagonisti ben aderenti ai personaggi cuciti loro addosso dalla sceneggiatura scritta dallo stesso Cassir con la Marion del film, Camille Chamoux.

Sotto la lente d’ingrandimento del debuttante regista francese ci sono le nevrosi del quotidiano, un bisogno d’affetto nascosto sotto fragili consuetudini individuali, falsamente rassicuranti, e, più in generale, la grottesca immaturità dei trenta-quarantenni di oggi. Le certezze del (piccolo) mondo di cui i due protagonisti, a loro modo, si sentono rappresentanti (creatività anarchica per lei, pignoleria egoistica per lui) sono l’osservatorio deformato da cui essi guardano alle relazioni interpersonali, alle scelte da prendere, alla vita da vivere. E se è vero che, in alcune sequenze, La prima vacanza non si scorda mai si rifugia in cliché e stereotipi, battendo strade percorse da parecchi altri titoli recenti della cinematografia transalpina, talvolta anche con maggior vigore, è altrettanto vero che, in altri passaggi, dietro ai dialoghi pimpanti affiorano, per contrasto, insicurezze e marginalità, carenze ed estraneità. Il cibo indigesto, l’AirB&B di quart’ordine, la compagnia di amici sopra le righe, le inconciliabilità caratteriali e i dislivelli sociali sono solo la superficie di un ritratto generazione scandito da quella “teoria degli opposti” che prova a conciliare, non senza amarezze e rimpianti, ottuso, solitario conformismo e vacua, chimerica indipendenza. A tenere a galla il film, in effetti, è proprio la “giusta distanza” che Cassir sa tenere nei confronti di Marion e Ben, avvicinando lo spettatore all’intraprendenza della donna e all’autocontrollo dell’uomo, facendoli interagire, per poi allontanarsi dai rispettivi integralismi e vigliaccherie senza decretare, per questo, innocenti o colpevoli.

Regia: Patrick Cassir

Nazionalità: Francia

Durata: 102’

Interpreti: Jonathan Cohen, Camille Chamoux, Jérémie Elkaïm, Camille Cottin

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.