Schede Cinema Filmcronache

LA QUATTORDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Pupi Avati)
La nostalgia del passato

Bologna, anni 70. Marzio, Samuele e Sandra sono poco più che ragazzi e ognuno di loro ha un desiderio da realizzare: i primi due, amici per la pelle, fondano il gruppo musicale I Leggenda e sognano il successo, Sandra, invece, aspira a diventare indossatrice. Qualche anno dopo, nella quattordicesima domenica del tempo ordinario, Marzio sposa Sandra, mentre Samuele suona l’organo. Quella ‘quattordicesima domenica’ diventa il titolo di una loro canzone, la sola da loro incisa. Li ritroviamo 35 anni dopo. Cosa è stato delle loro vite, dei loro rapporti? Ma soprattutto, cosa ne è stato dei loro sogni?

Al suo quarantatreesimo lungometraggio per il cinema, Pupi Avati torna a tessere la tela dei ricordi giovanili, delle relazioni sentimentali, delle piccole storie epocali. Fin dalle prime immagini, con le foto in bianco e nero della Bologna di ieri a scorrere sui titoli di testa, l’intento è di riportare le lancette della vita indietro nel tempo, per collegarle, nel passare degli anni, alla realtà odierna. Un bilancio esistenziale, fissato sullo schermo, sostenuto dal consueto taglio intimista, nel quale, però, passato e presente non paiono riconciliarsi.

Film senile, intriso di rimpianto, malinconia, gelosia, senso del fallimento, popolato di fantasmi familiari ma anche, alla lunga, di sottile ricomposizione emotiva ed affettiva, La quattordicesima domenica del tempo ordinario, il cui titolo fa riferimento al calendario liturgico (la domenica che segue la Quaresima e anticipa l’Avvento) e alla data del matrimonio dello stesso regista emiliano (27 giugno 1964), mette in fila molti topos del cinema avatiano, autore anche del soggetto e della sceneggiatura. Un progetto così personale, per quanto solo in parte autobiografico, da risultare persin troppo ‘vissuto’, privo cioè di quel salutare distacco che, di norma, garantisce ad un film un maggior equilibrio narrativo e un approccio stilistico più libero dai condizionamenti del racconto. La quattordicesima domenica del tempo ordinario, in effetti, nella sua strutturale alternanza cronologica soffre spesso di una rigida macchinosità, soltanto alleggerita, in alcuni passaggi, da momenti di toccante umanità: un’empatia coinvolgente e rigenerante, localizzata in un luogo preciso (il chiosco di gelati all’angolo tra via Saragozza e via Audinot, sorta di “madeleine proustiana” dove far galoppare la memoria) oppure attivata senza preavviso, e per questo sorprendente (l’irrompere della figura paterna in una deserta corsia d’ospedale, corredata di dolci, nostalgiche riflessioni sull’età che avanza).

La presenza nel cast di Edwige Fenech e, in misura più ridotta, di Massimo Lopez, conferma infine l’attitudine di Avati di lavorare con interpreti ben al di fuori del perimetro autoriale tradizionale: comici, soprattutto, prestati a ruoli drammatici (come già, in passato, Massimo Boldi, Christian De Sica, Neri Marcorè, Antonio Albanese, Renato Pozzetto), ma anche personalità artistiche estranee alla consueta cerchia attoriale (come Katia Ricciarelli e Cesare Cremonini).

Regia: Pupi Avati

Interpreti: Gabriele Lavia, Edwige Fenech, Massimo Lopez, Lodo Guenzi, Camilla Ciraolo, Cesare Bocci

Nazionalità: Italia, 2023

Durata: 98’

Scrivi un commento...

Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.