Filmcronache

LA RAGAZZA SENZA NOME (Luc & Jean-Pierre Dardenne)
Il passo falso di una filmografia eccellente

 

Jenny Davin è un medico di base che opera a Seraing, una piccola cittadina in provincia di Liegi. Una sera, ben oltre l’orario di visita, sente suonare il campanello del citofono del proprio studio e decide di non rispondere. Il giorno successivo la polizia la raggiunge per informarla che il corpo senza vita di una giovane ragazza di colore e senza documenti in grado di attestarne l’identità è stato ritrovato proprio vicino al suo portone. Jenny inizia così una ricerca che la porta a esplorare le ultime persone e gli ambienti frequentati dalla ragazza.

 

Un passo falso può capitare a chiunque, anche ad autori che vantano carriere esemplari e filmografie straordinarie. È proprio questo il caso de La ragazza senza nome, il decimo lungometraggio dei fratelli belgi che, con il loro stile asciutto e riconoscibile, hanno profondamente influenzato l’estetica cinematografica dell’ultimo ventennio. Un’opera travagliata e oggetto di un “ripensamento” artistico, tanto che nelle sale italiane arriva una versione rimontata e più breve di 7 minuti rispetto a quella accolta tiepidamente a Cannes, in assoluta controtendenza rispetto all’abituale trionfalismo con cui sono stati celebrati tutti i loro titoli precedenti.

Nel percorso narrativo della protagonista (complice l’algida e atonale performance di un’Adèle Haenel fuori parte) non riescono mai a integrarsi le due linee drammaturgiche che lo dovrebbero sostenere e nel quale si dovrebbe rispecchiare il percorso esistenziale. Un itinerario che infatti procede (troppo) linearmente, senza alcun strappo emotivo. Al punto che non trovano giustificazioni né il ricorso allo schema di genere, né il senso di colpa – e dunque la conseguente ossessione – che caratterizza il personaggio di Jenny. Nel primo caso perché la detection, ovvero l’investigazione di cui la giovane dottoressa si fa carico, appare più funzione drammaturgica che non espressione di una necessità esistenziale. Nel secondo perché la piatta sismografia emotiva prodotta da quello che dovrebbe essere il motore narrativo non si scalfisce mai, nemmeno di fronte alle rivelazioni o alla sospirata agnizione.

 

Regia: Luc & Jean-Pierre Dardenne

Interpreti: Adèle Haenel (Jenny Davin), Jérémie Renier (il padre di Bryan), Olivier Gourmet (Lambert jr.), Louka Minnella (Bryan)

Durata: 96′

Belgio-Francia 2016

 

 

 

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Sull'autore

Francesco Crispino

Francesco Crispino è docente di cinema, film-maker e scrittore. Tra le sue opere i documentari Linee d'ombra (2007) e Quadri espansi (2013), il saggio Alle origini di Gomorra (2010) e il romanzo La peggio gioventù (2016).