Gollum è uno studente bullizzato dai compagni di scuola, ha smesso di parlare e, come un writer, si esprime scrivendo i propri pensieri sui muri con le bombolette spray. Frank, invece, ha dichiarato a se stesso e agli altri di aver smesso di esistere, non ha nemmeno finito il liceo però passa le sue giornate in Università. Nina, infine, è una rom, abita nel palazzo di fronte a quello di Gollum, ha solo sedici anni ma ha già una bambina ed è sottomessa ad un marito violento. Sono solo tre sbandati. Tre amici, inseparabili, che, nonostante tutto, si apprestano a diventare adulti…
Fin dal suo esordio nel lungometraggio, Into Paradiso (2010), così come nel successivo Tito e gli alieni (2017), Paola Randi ha mostrato uno sguardo cinematografico ostinatamente ‘laterale’ e periferico, rivolto a disadattati ed emarginati, sempre in forma di commedia e con sonori rintocchi di surrealtà. Un cinema, quello della regista e sceneggiatrice milanese, curioso e solo apparentemente ‘svagato’, alimentato, a forti dosi, da una solidale, ammirevole comprensione umana. Anche La storia del Frank e della Nina non si discosta da queste coordinate, nelle quali pure la collocazione dei protagonisti in contesti decentrati e marginali riveste una funzione nevralgica: se nei film precedenti le location erano i vicoli di Napoli e il deserto del Nevada, qui, a disegnare un preciso perimetro sociale ed esistenziale, sono le case popolari a Sesto San Giovanni e le ex acciaierie Falk. Luoghi spersonalizzanti o abbandonati, abitati e ‘riqualificati’, però, da inattese scintille di vita.
Romanzo di formazione per sognatori, La storia del Frank e della Nina, al netto di qualche ingenuità narrativa e di qualche reiterata insistenza (la voce narrante di Gollum, ad esempio, che riassume l’intera vicenda), è un’opera fresca, vitale e personale, un modo niente affatto stereotipato di raccontare la dimensione adolescenziale, quell’universo ‘parallelo’, vivace e sensibile, incompatibile con la fiacca quotidianità adulta. La realtà, d’altronde, come dice Frank a Gollum, “è solo un punto di vista”. E poiché, come dice Gollum a proposito di Frank, lui “la vita te la fa vedere diversa, a colori”, il film della Randi, facendo aderire la forma ad un contenuto dal taglio ‘giovanilistico’ proposto senza filtri e mediazioni, inserisce punti di colore nelle immagini in b/n, come per insufflare (in una sciarpa o in una strada, divenute arancioni), desideri e speranze nel grigiore uniforme della solitudine.
Alterando l’oggettività con la soggettività, La storia del Frank e della Nina, pur introducendo nel tessuto visivo alcune piccole magie grafiche che attribuiscono eccentricità al plot, non annulla la serietà di fondo dell’intera operazione: sotto la superficie di episodi e atmosfere borderline soggiacciono infatti temi importanti (la violenza sulle donne e la sottomissione alle imposizioni patriarcali, lo studio come strumento di elevazione sociale e riscatto individuale, l’affrancamento dalle logiche devianti e predatorie del gruppo, la demenza senile, la crisi genitoriale). Un prodotto genuino, dunque, dai dialoghi pimpanti, dal ritmo sostenuto e dagli echi truffautiani nella rievocazione di un amore ‘triangolare’ come quello di Jules e Jim. L’omaggio della Randi a una Milano da osservare con altri occhi, più liberi da sovrastrutture e pregiudizi.
Regia: Paola Randi
Interpreti: Gabriele Monti, Ludovica Nasti, Samuele Teneggi, Marco Bonadei, Bruno Bozzetto
Nazionalità: Italia, 2024
Durata: 105’
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