Un naufrago solitario e silenzioso su un’isola tropicale disabitata cerca di sopravvivere come può, finché non trova sulla battigia una grande tartaruga rossa. Sembra senza vita, l’uomo cerca di rianimarla e quando si riprende, l’animale gli regala una sorpresa straordinaria: la mutazione in una donna. Da quel momento la vita del naufrago si trasforma per sempre.
Dopo i premiatissimi corti The Monk and the Fish del 1996 e Father and Daughter del 2001, insignito anche da un Oscar, il belga Dudok de Wit si allea con lo Studio Ghibli su proposta di quest’ultimo per la produzione di un lungometraggio. E’ nella vicenda creativa di questo film, infatti, l’ammirazione espressa al giovane belga da parte di Isaho Takahata, storico partner del maestro Miyazaki con il quale ha co-fondato il prodigioso Studio Ghibli. Il motivo d’attrazione fra due universi solo in apparenza così lontani è – evidentemente – la straordinaria capacità poetica con cui Dudok de Wit riesce a raccontare le sue storie, qualunque sia il soggetto affrontato, e La tartaruga rossa non fa eccezione, se non per la durata “in lungo”. L’incontro fra l’essere umano e la grande tartaruga rossa (prima e post mutazione) si ammanta di uno struggimento di raffinatissima drammaturgia, sapientemente cosparsa da silenzi quanto mai eloquenti. E’ il dialogo proficuo fra le diversità naturali che interessa a de Wit, esattamente il linea con le tradizionali poetiche degli autori del blasonato Studio Ghibli. Spazio, tempo, sguardi, silenzi e musica si (con)fondono in emozioni palpabili e sincere, difficilmente traducibili in parole e perfettamente assemblate per la narrazione del ciclo vitale, da sempre e per sempre. Un’epica naturale e morale sul senso della vita di magnifica fattura, imperdibile per grandi e piccini.
LA TARTARUGA ROSSA
Regia: Michael Dudok de Wi
Francia/Belgio/Giappone
2016
Durata: 80′