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L’ARMINUTA (Giuseppe Bonito)
Un necessario bisogno d’affetto

Estate 1975. Una ragazzina di tredici anni viene restituita alla famiglia cui non sapeva di appartenere e dalla quale, quando lei aveva pochi mesi, era stata affidata ai cugini benestanti che vivevano in città. In una modesta casa nella campagna abruzzese la fanciulla trova la sua vera madre, una donna dallo sguardo stanco e distratto, un nuovo padre, silenzioso e manesco, un gruppo di fratelli, che per lei sono solo degli estranei. Catapultata in un mondo sconosciuto, dovrà imparare a sopravvivere alle dure regole della povertà e agli sguardi dei paesani, per i quali lei è, semplicemente, l’Arminuta, la Ritornata…

Tratto dal romanzo omonimo di Donatella Di Pietrantonio, vincitore nel 2017 del Premio Campiello, L’Arminuta è un film di silenzi emblematici, di sguardi profondi. Un film sulla ricerca identitaria adolescenziale che, a livello strutturale, procede attraverso una dialettica contrapposta che si fa, via via, serrata dicotomia: la polarizzazione costante tra genitorialità naturale e putativa (in particolare tra madre adottiva e mamma biologica), agiatezza borghese e ristrettezze rurali, aspra vita contadina, in campagna, e placida quotidianità cittadina, in riva al mare, comunicazione verbale e gestuale, il corretto utilizzo della lingua italiana e lo stretto dialetto locale, innerva progressivamente il testo filmico, attingendo a piene mani da quello letterario.

La giovane, convincente protagonista, Sofia Fiore (spalleggiata dall’altrettanto efficace Carlotta De Leonardis, la sua intraprendente sorellina), accentra sensibilità sotterranee, mai esibite, ristagni emotivi che la sceneggiatura di Monica Zapelli (e della stessa Di Pietrantonio) e la puntuale regia di Giuseppe Bonito (al terzo film dopo Pulce non c’è, 2012, e Figli, 2020) riescono a trattenere per poi farli defluire carsicamente, all’interno di un contesto agreste, sociale e relazionale coerente e coeso. Anche le figure laterali (la nuova famiglia della ragazza, mai chiamata per nome) appaiono marcate ma senza esasperazioni, imprimendo, più con le loro inadeguatezze che con le loro azioni concrete, snodi narrativi che, sulla scia del romanzo, d’impianto autobiografico, non vanno mai nella direzione auspicata dallo spettatore (e, prima ancora, dal lettore) imboccando al contrario strade ardue e conflittuali.

Dal dolore rappreso può nascere però un legame profondo, che l’amicizia può provare a trasformare in una nuova dimensione esistenziale. E’ il messaggio che lascia sui titoli di coda questa piccola storia di crescita individuale, maturata lungo l’arco di un anno e nutrita di piccoli segreti, qualche bugia, mezze verità e molte lacerazioni destinate, in qualche modo, a rimarginarsi. Un desiderio di riconciliazione mai soffocato dalla solitudine affettiva.

L’ARMINUTA
Regia: Giuseppe Bonito
Interpreti: Sofia Fiore, Carlotta De Leonardis, Vanessa Scalera, Fabrizio Ferracane, Elena Lietti
Italia, 2021
Durata: 110’

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.