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L’EDUCAZIONE DI REY (Santiago Esteves)
L’adolescenza ferita ai piedi delle Ande

Reynaldo è un adolescente che viene introdotto dal fratello nella malavita di Mendoza. La notte in cui è spinto a rubare nello studio di un notaio, scatta l’allarme: il fratello e un secondo complice vengono catturati da una volante della polizia, Rey, invece, riesce a scappare sui tetti delle abitazioni con la refurtiva in tasca, ma nella fuga precipita in un giardino, distruggendo una serra. Il padrone di casa, Carlos Vargas, guardia giurata in pensione, lo ammanetta, poi, il mattino seguente, propone al ragazzo un accordo: non lo denuncerà alle autorità, purché lui ripari ciò che ha rotto. Rey accetta, impara, si fa ben volere. Ma la polizia, corrotta, è sulle sue tracce…

Un esordio intrigante, quello dell’argentino Emilio Esteves, non solo regista, ma anche cosceneggiatore e montatore di L’educazione di Rey, opera prima sull’adolescenza ferita girata a Mendoza, la città natale di Esteves situata ai piedi delle Ande. Romanzo di formazione cupo e notturno, ricognizione sociale su una realtà giovanile degradata, eppure contrassegnata da uno sguardo eticamente sensibile alle vicende e da un rapporto, quello tra l’anziana guardia giurata e il pibe chorro (ossia il “ragazzino delinquente”), che assume ben presto tonificanti coordinate genitoriali, L’educazione di Rey si muove su territori di confine con buona padronanza dei meccanismi narrativi. Sospeso tra thriller e poliziesco, western moderno e introspezione esistenziale, il film di Esteves avvolge idealmente in un abbraccio protettivo l’età più fragile della vita, quella marginalità adolescenziale mostrata senza filtri, aggredita dalla ferocia del mondo adulto ma difesa dall’insegnamento meticoloso, impartito in prima persona, di un “maestro” ravvivato dal suo impegno “educativo” verso un occasionale ”allievo” ritrovatosi tra le mura domestiche.

E’ in questo rapporto, in cui la consapevolezza che nasce della trasmissione dell’esperienza non esclude in ogni caso conflitti laceranti, che L’educazione di Rey trova il suo baricentro emotivo. Nulla di nuovo, certo, ma con una partecipazione al racconto e ai suoi protagonisti niente affatto routinaria. Scandita, al contrario, da sincera empatia e da un taglio registico secco, privo di ogni enfasi, all’interno di una cornice sociale che, sovrapponendo e scambiando di ruolo i tutori della legge con i criminali, fa coagulare una crime story osservata “dal di dentro”. Emblema di una periferia umana abbandonata a se stessa e ai propri affari sporchi.

L’EDUCAZIONE DI REY
Regia: Santiago Esteves
Nazionalità: Argentina
Durata: 96’
Interpreti: Germán de Silva, Matías Encinas, Walter Jakob, Esteban Lamothe, Martín Arroyo

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.