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L’ESTATE ADDOSSO (Gabriele Muccino)

Marco ha 18 anni, sta per diplomarsi al liceo e non ha idea di cosa farà a settembre, quando dovrà scegliere che strada intraprendere nella vita. Maria è una ragazza della stessa scuola, anche lei appena diplomata, che Marco detesta e considera pedante e conservatrice. Un amico comune li porta a viaggiare insieme per San Francisco, dove ad attenderli ci sono Matt e Paul. I due ragazzi americani sono una coppia gay e si portano dietro le difficoltà di essere cresciuti a New Orleans, nella Louisiana più profonda…

Un film dal doppio passaporto, L’estate addosso, che riflette fin da subito lo status del suo autore, professionalmente diviso, ormai, tra l’Italia e gli Stati Uniti. In realtà nel nuovo lungometraggio di Gabriele Muccino c’è poca Roma e molta San Francisco, così come parecchie delle sensibilità del regista de L’ultimo bacio e Ricordati di me vengono esportate in un road movie che assume le sembianze del romanzo di formazione manifestando nei suoi due giovani protagonisti (italiani) un diffuso senso di inadeguatezza e l’affacciarsi, nella loro sfilacciata esistenza borghese, di possibili, decisive svolte.

Muccino non risparmia allo spettatore il consueto campionario stilistico ed espressivo: voce fuori campo e dialoghi sentenziosi, inquadrature ardite, panoramiche avvolgenti. Ma se ne L’ultimo bacio e Ricordati di me nevrosi e autocombustioni, amarezze, slanci e rancori pescavano nell’intimità di un’irrequietezza palpabile, ne L’estate addosso, al contrario, i “movimenti emotivi” dei personaggi rivelano un’inautenticità di fondo, appesantita ulteriormente da una visione “obbligata” degli States (e di San Francisco in particolare) come luogo privilegiato della (ri)scoperta di sé.

Il girotondo degli affetti che Muccino porta sullo schermo appare dunque troppo finto per cercare di sembrare vero. E il ritratto generazionale che L’estate addosso consegna allo spettatore, sui titoli di coda, non reclama alcuna autentica “urgenza”, richiudendosi in uno sguardo individuale che non riesce quasi mai a tradursi in respiro collettivo.

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Sull'autore

Paolo Perrone

Giornalista professionista, critico cinematografico, curatore di rassegne e consulente alla programmazione, è direttore responsabile della rivista Filmcronache e autore di numerosi saggi sul cinema. Per Le Mani ha scritto Quando il cinema dà i numeri. Dal mathematics movie all'ossessione numerologica.