È una questione di fede e di antropologia. Accantoniamo gli stereotipi di matrice cinematografica e guardiamo all’esorcismo come fenomeno diffuso e ampio. Piccoli esorcismi come le benedizioni di cose, auto e di luoghi e grandi esorcismi come la cacciata del demonio dai presunti posseduti. Liberami, della regista spezzina Federica Di Giacomo è una docu-fitcion volta a mostrare questo mondo con occhi diversi. Il film L’esorcista del 1973, diretto da William Friedkin, aveva aperto un filone sul tema in chiave horror e posto una forte attenzione mediatica all’argomento, ma oggi, nel momento di incremento di esorcisti ed esorcismi nel mondo, il fenomeno pare mediaticamente sopito e relegato alle cronache parrocchiali e famigliari. Il limite tra documentario e recitazione è sottilissimo e il mondo di padre Cataldo e dei suoi indemoniati a Palermo è un incrocio tra lo sciamanesimo tribale, l’esorcismo in stile afroamericano (vedasi Free in Deed di Jack Mahaffy in concorso ad Orizzonti nel 2015), la fede cattolica ufficiale e il bisogno di attenzione e di cura umana e gratuita; infondo gli psicologi costano, l’esorcista è gratuito.
La Chiesa risponde all’emergenza spirituale nominando un numero crescente di preti esorcisti e organizzando corsi di formazione. Padre Cataldo è un veterano, uno tra gli esorcisti più ricercati in Sicilia e non solo, celebre per il carattere combattivo e instancabile. Ogni martedì Gloria, Enrico, Anna e Giulia seguono, insieme a tantissimi altri, la messa di liberazione di padre Cataldo e cercano la cura a un disagio che non trova risposte né etichette. L’occhio della regista è presente e non discreto, influisce sui comportamenti spontanei del micromondo rappresentato, fatto di una fede colorita e spesso apotropaica, il ritratto è chiaro, rispettoso e spesso ironico, nella sua serietà lo sguardo del documentarista non può non strappare alcune sincere risate dal pubblico in sala.