Venezia 74 Schede Cinema Filmcronache

LIFE GUIDANCE (Ruth Mader)

Potremmo definire verosimile la società raccontata in Life Guidance. La popolazione è nettamente divisa in due classi: vi sono gli individui che si percepiscono felici, godono di un lusso elegante ed estremamente formale, si sentono realizzati dal punto di vista professionale e personale. Costoro trascorrono una vita uniforme e uniformata, senza sbavature, titubanze, macchie di imperfezione.

Poi ci sono i “beneficiari minimi”, gli individui rinchiusi nella Fortezza del Sonno, ritenuti inadatti ad una società ottimale, incapaci di mantenere in modo perpetuo uno status di benessere fisico, economico, psicologico.

“Life Guidance” è il nome dell’agenzia privata incaricata di valutare che i soggetti della prima categoria siano conformi alla società ideale. Se individua dei casi di cedimento, l’agenzia interviene con dei programmi terapeutici forzati con l’obiettivo di eliminare ogni incertezza o fragilità. Alexander Dworsky è uno di questi soggetti a rischio, nonostante abbia una famiglia esemplare e un lavoro prestigioso. Un giorno infatti – alla presenza del figlio – dimostra un ingenuo (e umano) cenno di debolezza: Life Guidance se ne accorge e invia subito uno dei suoi tutori alla porta di casa Dworsky. Il protagonista però non accetta passivamente il percorso terapeutico, cercando invece di capire le logiche che soggiacciono a questa sorta di “Panopticon” futuribile e di individuare il capo supremo del regime.

Con un film distopico, dichiaratamente ispirato ai classici 1984 di Orwell e Arancia Meccanica di Kubrick, il thriller dell’austriaca Ruth Mader intende mostrare la deriva di un capitalismo “perfettamente compiuto” che, non solo sorvegliando le esistenze dei cittadini ma addirittura infiltrandosi nei loro pensieri e desideri – in un’estremizzazione delle logiche di Internet, se vogliamo – si trasforma in vero e proprio totalitarismo.

Se genere e tematica non sono nuovi nel mondo della cinematografia, Mader compie un lavoro ricercato sulla scelta di immagini fisse, che rappresentano con efficacia un contesto asettico, freddo, robotico, e attraverso di esse riesce a tenere alta la tensione per tutta la durata della pellicola, aumentando a poco a poco l’inquietante consapevolezza dell’impossibilità di una via d’uscita.

 

 

 

Scrivi un commento...

Sull'autore

Marta Meneguzzo