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L’INNAMORATO, L’ARABO E LA PASSEGGIATRICE (Alain Guiraudie)
Le psicosi e gli atti mancati

A Clermont-Ferrand, Médéric si innamora di Isadora, una prostituta di 50 anni che però è sposata. Mentre il centro della città è teatro di un attacco terroristico, Selim, un giovane senzatetto, si rifugia nell’edificio di Médéric, provocando così una paranoia collettiva. Tutto si complica nella vita di Médéric, combattuto tra l’empatia verso Sélim e il desiderio di avere una relazione con Isadora.

Quello di Alain Guiraudie è un percorso espressivo curioso quanto originale. Esso infatti si sviluppa in oltre trent’anni di attività — il suo primo cortometraggio Les héros sont immortels (Gli eroi sono immortali) è del 1990 — ma con una evidente difficoltà a realizzare le proprie opere, come dimostrano il tardivo esordio nel lungometraggio all’età di 49 anni (L’Inconnu du lac, 2013) e una filmografia scarna nonostante i primi cortometraggi lasciassero intravedere sviluppi più cospicui. L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice (titolo scelto dalla distribuzione italiana al posto dell’originale Viens je t’emmène) è infatti appena il suo terzo lungometraggio, che tuttavia sembra essere un titolo-chiave per definire le caratteristiche di uno stile personale ed eccentrico, proprio perché sembra prendere le distanza da quasi tutta la corposa produzione transalpina degli ultimi anni.

Un’eccentricità che qui si declina su più livelli, a cominciare dall’ambientazione della vicenda. Il cui intreccio si svolge infatti a Clermont-Ferrand, ovvero la mitica capitale dell’Auvergne che ha eletto Vercingetorige a proprio nume tutelare (la statua equestre nella piazza centrale lo testimonia), la cui simbolica ubicazione incarna contemporaneamente la distanza dal centro politico e culturale di Parigi, ma anche la vicinanza alla “pancia”, o forse meglio al cuore pulsante, del paese. Ovvero il luogo dove è possibile rilevarne le contraddizioni, metterne a nudo le fobie che lo dilaniano, intercettandone così le “intermittenze” identitarie. Un’ambientazione insomma tutt’altro che neutra in considerazione dei temi (la paranoia xenofoba, l’attrazione/repulsione verso l’Altro) intorno ai quali gira l’intera narrazione.

Ma l’eccentricità si rileva anche nell’enunciazione di Guiraudie, che sceglie di raccontare i propri personaggi con originalità, seppur guardando al théâtre de boulevard (così come al cinema di Resnais), e collazionando una serie di personaggi-tipo per metterne in evidenza le abiezioni. Uno stile che, invece di affidarsi ad archi narrativi compiuti, sceglie di spezzare continuamente le traiettorie dei propri protagonisti per stigmatizzarne le bizzarrie e farne deflagrare le incoerenze. Perché invece di portarli al raggiungimento dei propri obiettivi, preferisce ingabbiarli in una rete di relazioni il cui denominatore comune è costituito dalla repressione dei desideri e dagli atti mancati. Tanto che le loro azioni non portano nessuno di loro al soddisfacimento dei propri Desideri, ma alla loro continua elusione, costringendoli continuamente a frustrare la propria autorealizzazione attraverso una continuata ed esiziale operazione di mascheramento. E facendo così di una commedia apparente divertente e giocosa, un’opera sotterraneamente psicanalitica, capace di restituire le psicosi di un paese bloccato, scisso, prigioniero delle sue stesse fobie.

L’INNAMORATO, L’ARABO E LA PASSEGGIATRICE
Titolo originale: Viens je t’emmène
Regia Alain Guiraudie
Con Jean-Charles Clichet, Noémie Lvovsky, Ilies Kadri, Renaud Rutten, Doria Tiller, Nathalie Boyer
Francia/Belgio
Durata 100’

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Sull'autore

Francesco Crispino

Francesco Crispino è docente di cinema, film-maker e scrittore. Tra le sue opere i documentari Linee d'ombra (2007) e Quadri espansi (2013), il saggio Alle origini di Gomorra (2010) e il romanzo La peggio gioventù (2016).