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May December di Todd Haynes – Dopo i titoli di coda
Come parlare del complicato film di Todd Haynes e delle sue ombre

May December film
Dopo i titoli di coda è una rubrica per animatori e animatrici culturali delle SdC che, dando per assodata la visione del film, tralascia la trama e agisce lo spoiler a favore dell’approfondimento di film complessi e delicati mettendo al centro domande, connessioni e dinamiche formative. Oggi parliamo di May December.

may december vangelo

“May December” è un film complicato da maneggiare, di certo virato sui toni ombrosi. Alla base c’è un fatto di cronaca, che già dalle premesse manifesta tutta la sua problematicità: una famiglia che si forma a partire da un abuso, dalla relazione di una donna adulta con un preadolescente. Il regista Haynes, che ha mestiere e una chiara marca stilistico-narrativa, non si è ovviamente limitato a una narrazione piana, ma al contrario ha costruito un fumoso e intenso racconto psicologico. Un duello al femminile, un dilemma morale, dai riverberi artistici: le citazioni vanno da “Eva contro Eva” a molti titoli di Ingmar Bergman.

Dalla scheda della Commissione Nazionale Valutazione Film della CEI

Un ombra di Bergman nel nuovo film di Todd Haynes

Ebbene sì, i riflessi bergmaniani in May december di Todd Haynes sono davvero indiscutibili. Ciononostante va detto che se ci fossimo impelagati nelle maglie di Persona (1966) del maestro svedese ci sarebbe la dottoressa “senza nome” a darci le consegne del viaggio che ci aspetta, gli argini in cui lasciarci andare. Mentre quest’ultima affida, infatti, Elisabeth Voegler alle cure dell’infermiera Alma, Bergman si prende cura un po’ anche di noi, presto nella tela del ragno. «Io ti capisco Elisabeth – dice, a tal proposito, la dottoressa alla fine del suo pronunciamento introduttivo – e quasi ti ammiro. Secondo me devi continuare a recitare la tua parte fino in fondo finché essa non perda interesse e abbandonarla così come sei abituata a fare passando da un ruolo all’altro».

In May december non v’è traccia di questo simbolico invio verso una terra neutrale dove sarà possibile deformarsi e uniformarsi all’altro (o dovremmo proprio dire “all’altra”). Bisogna piuttosto imparare a far da sé, giocare con i tanti piani di lettura e cercare con gli spettatori in sala una strada percorribile tra gli ingorghi di specchi al femminile reiterati dalla sceneggiatura della statunitense Samy Burch, anche con il rischio qua e là di perderne il senso e ritrovarsi tra le mani quella domanda tanto cara a chi rimane dopo i titoli di coda (“e quindi dove mi vuol portare?”).

In viaggio con May December

Se il fattaccio di abuso potrebbe dirsi archiviato, tanto è vero che cronologicamente è distante ben due decenni e in mezzo c’è stato pure il carcere, l’amore della coppia “primavera-inverno” invece non sembra essersi per niente affievolito. Il ricongiungimento riparatore – ma allora era vero amore? – arriva, in effetti, subito dopo la scarcerazione con il successivo allargamento della famiglia. Tra Gracie e Joe tutto sembrerebbe, quindi, rose e fiori, sennonché arrivano ancora dopo tanti anni pacchi poco cordiali, a riprova che non tutti dimenticano. Dal canto suo Gracie vive comunque come fosse stata riabilitata nella buona società e con il suo Joe sta per diplomare anche gli ultimi due figli rimasti in casa.

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Al netto di come è partita questa storia che profuma ancora di fragilità, di fatto essa sembra avere comunque lo statuto della felicità. È proprio così? E qui c’è la prima vertigine: siamo di fronte ad una famiglia che ha fatto pace con le macerie da cui è sorta o ad una rappresentazione che va in scena ogni giorno da vent’anni? C’è bisogno di un osservatore esterno che però non è inviato dai servizi sociali ma dalla produzione di un film (altro contesto “borderline”?): Elisabeth attraversa l’America per prendere dimora temporanea in Georgia, la terra che dovrebbe rivelarle il vero profilo di Gracie per riuscire a metterla in scena oltre ogni moralistica ricostruzione.

La futura Gracie che si presenta come una timida osservatrice evolverà, in realtà, rapidamente in una ladra di certezze e di identità, esondando nella prevedibile condivisione dello stesso Joe, un adone rimasto piccolo dentro, che disponibile attende la ripetizione della fatale manipolazione femminile. Nello scambio destabilizzante Gracie-Elisabeth (tra eccitazione e perversione) non ci sarà il viaggio di ritorno della reciprocità come accadeva per Mary-Genevieve, le donne di After love (2020) di Aleem Khan verso un futuro nato dalla verità e dai suoi contraccolpi. Come suggestioni siamo più dalle parti di Mulholland Drive (2001) di David Lynch e Sibyl – Labirinti di donna (2019) della ormai consacrata Justine Triet.

Alla ricerca di una guida

L’unico sostantivo femminile a dire la verità in questo film è la musica di Marcelo Zavros e lo fa senza ambiguità, senza ombre. Sono le note “tassative” prese a prestito da Michel Legrand per Messaggero d’amore (1971) di Joseph Losey, un’ossessione che ci trapassa come quella che Elisabeth sta covando nei confronti di Gracie.  A lei, la vera protagonista oltre le interpretazioni magistrali di Portman-Moore, possiamo credere e lasciarci guidare? Il sonoro rimane, quindi, uno “sherpa” strategico per decostruire il cinema d’autore, in particolare di questa stagione.

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Se la seduzione di un minorenne è, infatti, un male molesto riconosciuto – anche se l’opera Ancora un’estate (2023) della regista e sceneggiatrice francese Chaterine Breillat narra lo scivolone vischioso in cui può incorrere anche personalmente Anne, un’avvocata di successo che segue proprio casi di ragazze minorenni abusate –, le manipolazioni subite o agite non sono già mappate e subito riconoscibili nemmeno da noi stessi. Ed è su questo secondo fronte che Haynes ha la mano sicura e non ci risparmia nessun dubbio lasciandoci confusi, sporchi e scossi. È possibile avvicinarsi ad una situazione senza rimanerne toccati? O senza toccarla? Elisabeth è uno sciame sismico a Savannah per la famiglia di Gracie e quest’ultima è per Elisabeth un deserto in cui l’attrice lascia uscire tutte le tentazioni che si porta dentro e che si porterà anche sul set nel finale patologicamente orientato.

Le donne in May December

Come sopravvivere a queste due donne? Gracie alterna momenti di vittimismo e fragilità (i pianti fra le braccia di Joe per le torte non vendute) a una durezza estrema (come fredda sempre lo stesso Joe quando quest’ultimo prova timidamente a suggerire l’ipotesi che forse era troppo giovane per diventare padre ad oltranza ) fino ad una brillante sicurezza (come lascia stordita Elisabeth alla fine della cerimonia dei diplomi sul filone “la pericolosità delle persone insicure”). Se il mistero dell’umanità di Gracie si incarna in una volpe contemplata ma non cacciata, quello di Elisabeth si staglia nella battuta «E’ solo quello che fanno gli adulti!», la sberla con cui placa i sensi di colpa e le rimostranze di Joe dopo il loro rapporto sessuale che l’attrice aveva già inserito nel cassetto delle “storie”.

In realtà che cosa significhi questo vicolo cielo semantico non è chiaro né per Joe, né per noi che abbiamo visto Past Lives. Gli adulti scelgono? Gli adulti tradiscono? Seguono il desiderio? Il dolore crescente di Joe è l’unico raggio caldo di adultità su cui fondare un’autenticità, un disadattamento sempre più incontenibile che segna il passo di una nuova stagione e ricorda, per chiudere da dove siamo partiti (Bergman!), le mani protese del bambino verso l’immagine della madre in Persona che, nelle tante letture che ne possiamo dare, anela ad un bene, certo non corrisposto ma sempre ad una ricerca viva, una reale tensione tra corpo e spirito. Lì si fermò Bergman, qui si ferma anche Haynes e tocca a noi fare la nostra parte dopo i titoli di coda.

 

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Sull'autore

Arianna Prevedello

Scrittrice e consulente, opera come animatore culturale per Sale della Comunità circoli e associazioni in ambito educativo e pastorale. Esperta di comunicazione e formazione, ha lavorato per molti anni ai progetti di pastorale della comunicazione della diocesi di Padova e come programmista al Servizio Assistenza Sale. È stata vicepresidente Acec (Associazione Cattolica Esercenti Cinema) di cui è attualmente responsabile per l’area pastorale.