Simone Agnetti recensisce Mistress Dispeller di Elizabeth Lo.
In Cina è emersa una nuova professione dedicata ad aiutare le coppie in crisi a restare sposate, questo, nonostante l’acclarata infedeltà. I fattori messi in campo sono prettamente economici, la non convenienza nel separarsi impone ai fedifraghi di ritornare sui loro passi, cercare il perdono del coniuge e mantenere saldo il matrimonio che, in questo caso, potremmo definire, senza sbagliare, il “patrimonio”.
Non si tratta di persone ricche, ma di persone comuni che giungono al punto di esaurimento del reciproco rapporto e cercano nuove relazioni. Questa professione è emersa in Cina solo nell’ultimo decennio, in risposta ai crescenti tassi di adulterio che aumentavano di pari passo con l’economia. Mistress Dispeller della giovane regista Elizabeth Lo, originaria di Hong Kong, in concorso a Venezia nella sezione Orizzonti, segue le vicende professionali di Wang Zhenxi, una Mistress Dispeller (dissipa-amanti), assunta per mantenere i legami del matrimonio e interrompere le relazioni extraconiugali.
Vediamo, tra fiction e realtà, la parabola di un reale caso di infedeltà. Il documentario trova la sua ambientazione in una situazione da commedia dell’arte: un uomo pensionato, non di bell’aspetto e sposato da molti anni, ha una avventura con una giovane e fragile ragazza, all’insaputa della moglie. Il cambio delle abitudini dell’uomo e le prove del tradimento portano la signora a cercare una soluzione, assoldando Wang Zhenxi. La donna entra nelle vite dei protagonisti in segreto, per studiare la situazione, conquistare la fiducia dell’amante fino a condurre il tradimento allo scoperto.
Quello che normalmente porterebbe ad una separazione, viene elaborato e riportato nei binari matrimoniali dalla professionista dei ricongiungimenti, con sommo stupore dello spettatore occidentale. Nel seguire la loro storia le nostre simpatie si spostano tra moglie, marito e amante, per esplorare i modi in cui emozione, pragmatismo e norme culturali si scontrano nel dare forma alle relazioni sentimentali.
A questo riguardo la regista dichiara “Indagando un’esperienza che è allo stesso tempo universalmente familiare e unicamente specifica della Cina contemporanea, spero di porre domande su cosa significhi ferire, guarire, temere la solitudine e amare nel XXI secolo.”