Il risultato è positivo. Il dato delle presenze nelle sale italiane è cresciuto del 6% rispetto al 2015. Nel contempo è cresciuta anche la quota del cinema italiano che passa dal 21,85% del 2015 al 28,71% con a fronte una diminuzione della quota del cinema americano, che passa dal 60% del 2015 al 55.19%. Potremmo dirci soddisfatti allora? Questo incremento è dovuto alle straordinarie performance di Checco nazionale. E’ grazie solo a Quo Vado? se chiudiamo positivamente il 2016. Checco con il suo film, che ha incassato oltre 65 milioni, ha portato in sala quasi il 10% degli spettatori. Il dato più preoccupante è che a Natale c’è stata la mattanza dei film con 29 uscite, che hanno provocato un calo secco di incassi pari al 38%. Senza Checco non saremo qui a cantare vittoria. E’ un grande fenomeno nazionale e dobbiamo esserne fieri, ma mette in controluce ancora più spietatamente i limiti del nostro sistema cinema. Insieme all’allungamento della stagione, che dipende a questo punto dalla distribuzione italiana, che immancabilmente tutte le estati vanifica i buoni propositi invernali, si dovrebbe puntare lo sguardo non solo sul prodotto filmico, ma anche sul “contenitore” che ospita i film: la sala cinematografica che rischia di essere ancor più emarginata. I quasi tremila schermi italiani sono pochi e soprattutto pochi se si guarda la loro dislocazione. Molte zone d’Italia sono sprovviste totalmente di sale cinematografiche. Deve essere incrementata la presenza di sale nelle piccole località e sostenere le sale che promuovono il prodotto cinematografico in chiave culturale e sociale. Si dovrebbero costruire nei centri storici e nella pancia profonda del territorio italiano sale che riportino la gente al cinema. Per far tutto questo non basta, allora, investire solo sul prodotto cinematografico, ma occorre puntare dritti anche sulle attività della sala, che da molti anni è stata abbandonata un po’ da tutti. Con ansia attendiamo che si compia la riforma Franceschini sul cinema per invertire questa tendenza e per riportare l’attenzione sui pubblici che frequentano le sale.
Il cinema d’autore è relegato ormai alla visione di un pubblico attempato, che rischia di fare la fine dei panda rinchiusi in alcune tipologie di sale, dove i ragazzi e i giovani difficilmente metteranno piede. Una nota di speranza appare all’orizzonte: l’interesse dei più giovani e dei ragazzi al cinema e al suo consumo in sala. Dai dati che ACEC e che le sale della comunità stanno acquisendo sul pubblico Under14 si intravvede finalmente un cambio di tendenza. Ripartire non solo dagli adolescenti, ma ancora dalle fasce più piccole: dai bambini e dai ragazzi. Educare queste giovanissime generazioni al cinema e al suo consumo in sala è una scelta ormai non più derogabile. Seminare oggi per raccogliere domani.