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PIAZZA VITTORIO (Abel Ferrara)

PIAZZA VITTORIO

Abel Ferrara prova a raccontare Piazza Vittorio, a Roma, e i suoi dintorni, dove vive da alcuni anni. Nella stessa zona hanno casa anche Willem Defoe e Matteo Garrone. Il fascino del quartiere è propria in questa vicinanza tra alto e basso, un po’ quartiere multiculturale, abitato anche da persone povere, senzatetto, con i connessi problemi di sicurezza, un po’ luogo dove si ritirano i cosiddetto vip, proprio per respirare un clima autentico, un microcosmo eterogeneo e affascinante. Si susseguono al microfono persone di tutto il mondo, ci sono senegalesi, cinesi, egiziani, peruviani, ucraini che raccontano le loro storie, e anche di tutte le generazioni, le anziane signore che siedono sulle panchine e ricordano con nostalgia i tempi andati, così come giovanissimi che giocano a basket, o che suonano in strada. La convivenza sembra, nelle parole di molti di loro, impossibile, invece, in fondo non pone grossi problemi e pare piuttosto una risorsa utile a rendere più vitale la città.

Nonostante il tema sia affascinante, pare che il grande regista americano non trovi una vera linea narrativa, né un tono che s’assenta su una piattezza spesso noiosa. La ragione è forse che non si crea mai una profonda empatia tra intervistatore e intervistato, tra autore e personaggio. Le persone restano per lo più fredde, sembra raccontino le loro storie per dovere, perché, come onestamente fa vedere il regista, gli viene data una piccola mancia. Ma non c’è calore, non si respira mai il senso di umanità che il tema richiede. Anche le contraddizioni, come la presenza di Casa Pound, in un quartiere con un così alto tasso di immigrati, si risolve nei soliti discorsi qualunquisti su noi e loro. Sembra un assemblaggio casuale di girato, ancora da montare, da riordinare per costruire un vero film. Per ora resta così, incompiuto e in fondo insignificante.

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Sull'autore

Alessandro Cinquegrani